E così, anche questa volta, le castagne dal fuoco ce le ha tolte lui, il
paraguagio randagio, sudamericano dal volto triste, Messico e nuvole. Due
gol, ma pesantissimi: quello che vale il secondo posto in campionato e quello
che vale la doppia finale. Eppure non doveva nemmeno scendere in campo, vai a
vedere che sentieri tortuosi e impervi seguono le vie del Signore... Vie
che sembrano maledette, quando i pali calamitano le fucilate di Baldo e
Moretti. Maledizioni che si fanno anatemi, quando anche la carambola di
Grabbi va a baciare il legno. Ma il paraguagio é lì, variabile impazzita
che manda in tilt la Sfiga che ci perseguita, quella Sfiga perenne e
invincibile che é componente costitutiva della Genoanità. Dante il
malinconico, sempre con quell'aria spaesata di chi é capitato in un posto che
non conosce, con quei movimenti in campo che non capisci mai se é lui che non
segue i compagni, o se sono i compagni che non riescono a stargli dietro...
Dante il generoso, che se ne sbatte di essere poco più di un corpo estraneo,
la riserva di un cane da botte come Zaniolo, ed ogni volta sulla palla ci si
butta, vai mai a sapere... Dante dal muso duro, con gli occhi antichi da
indio e il viso da ragazzo... stavolta Dante all'appuntamento con il Destino
ci arriva in tempo, e per una porca volta é lui che al Destino glielo mette
in quel posto, e non viceversa. Poi, é solo un cataclisma rosso e blu,
l'Urlo che sale dalle viscere e ti scoppia nel cervello, il boato che giace
in noi dalla torsione di Tomas contro gli asturiani... e che ogni tanto ci
riguardiamo, in videocassetta, giusto per captarne ancora almeno il
ricordo. Non fermarti, Dante, stringi i denti e prendi a calci quel pallone
con tutta la tua rabbia, dimostraci che finora abbiamo intravisto solo
la tua ombra. Noi ti abbiamo aspettato, perché abbiamo bisogno di
te. Facci vedere che non abbiamo atteso invano. Thunder
Genoa, 05/06/06
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