Devo fare una doverosa premessa: il titolo non è riferito alla squadra, è riferito a noi Genoani, perchè a dire il vero io mi sono anche un po’ stufato delle solite disamine post partita sulla prestazione della squadra, sulle condizioni di forma di giocatori e allenatori. Sulle cause della flessione (che però
più realisticamente sarebbe da chiamare per il suo vero nome,
e perciò “crollo”) questa volta non metto lingua, perchè
la mancanza di lucidità della squadra ha sicuramente
contagiato anche me, che, a dire il vero, non ho nessuna spiegazione
plausibile da dare sul fenomeno, come, a dire il vero, neppure
l’avevo l’anno scorso. O almeno qualcuna ce l’avrei anche,
ma mi rendo perfettamente conto che quelle che ho, da sole, non
bastano certo a spiegare il fenomeno. E così, chiedendomi quale dei
due figli di Preziosi Vavassori ha appeso al muro, delegittimandosi
in tal guisa non solo agli occhi della squadra ma anche a quelli
“cuiusque de populo” (noto centrale del Panatinaikos degli anni
’50) , rinuncio comunque a cercare di capire e mi concentro, una
volta tanto, sulle mie piaghe. Che – diciamo una buona volta la
verità – non sono poche e neppure lievi, anzi in quel poco
dignitoso serraglio che è ormai diventato il calcio, non me
ne è mai capitato di vederne simili. Sono stanco e avvilito, e vorrei
trovare l’origine di quella vocina che dentro di me mi sussurra
all’orecchio “Te lo avevo detto, te lo dovevi aspettare...” :
la vorrei trovare davvero, perchè individuatane la fonte, che
sospetto fortemente essere il mio personal trainer (versione
aggiornata del grillo parlante), molto volentieri la spiaccicherei
contro il muro a martellate. La verità è che in questo
momento sento mancare davvero le forze, quelle dell’animo, della
pazienza e della speranza, ma ancor di più sento mancare una
vera ragione del perchè mi debba capitare tutto questo. Sono più di 40 anni che sento
esprimere dalle decine di Presidenti, dalle centinaia di allenatori e
direttori sportivi e dalle migliaia di giocatori che mi sono passati
davanti al naso, provocandomi una inevitabile anosmia, che i tifosi
sono i principali protagonisti, che si meritano ogni bene, che sono
in cima ai loro pensieri e che la loro felicità è il
primo degli obiettivi della loro altrimenti inutile esistenza. Però – chissà perchè
– quando l’ennesimo carosello è girato e l’ennesima
giostra ha smesso di roteare le sue braccia, sono io, e non loro, a
trovarmi con le ossa rotte. E adesso che mi devo ancora rialzare,
non so se davvero voglio una nuova volta rifarlo: so per certo che mi
rialzerò, certo, e riprenderò a combattere, l’ho già
fatto tante volte, lo farò ancora , ma ogni volta mi accorgo
che il rialzarmi mi è un po’ più difficile, un po’
più ingrato e – soprattutto - ha sempre un po’ meno
senso. Genoa, 5 marzo 2006 Cecco Angiolieri |