Si può essere felici

di Cecco Angiolieri

Si può essere felici dopo una sconfitta?

Si, si può esserlo: soprattutto se Genoani.

Indifferente e sprezzante preventivamente diffido gli  anellidi a profferire stupide e banali battute tipo che i Genoani possono essere sicuramente felici dopo una sconfitta, perchè se nella loro storia  aspettavano vittorie per essere contenti, si sarebbero già tutti suicidati.

Sono circa quarantacinque anni  che seguo il Genoa, e da almeno quaranta seguo con ogni mezzo ogni partita.

Ricordo che, almeno in serie A,  le buone partite giocate  in trasferta sono state rare, ma rarissime,  da stare certamente sulle punta delle dita di una mano, sono state le buone partite giocate in casa delle grandi.

Però questa partita è stata il primo, e finora unico, incontro giocato alla pari in casa di una delle tre sorelle: voglio dire in casa della Juve, tanto per fare un esempio che più calzante non si può,   ancora ai non lontanissimi tempi del Professore ci abbiamo anche vinto, e mi pare che ci avessimo vinto anche con il Bagnoli, l’anno che conquistammo il posto per andare in uefa: in ogni caso avevamo vinto con una partita intelligente, efficace, anche con merito: ma che io ricordi mai a Torino ce la siamo giocata così alla pari.

Ma proprio così alla pari, che io, a dire il vero, una trasferta a Torino con questa atmosfera, con i giocatori bianconeri che ci affrontano persino con un po’ di timore non la ricordo. Intendiamoci, può anche essere che alla juve oggi manchi un poco di quell’inevitabile sicurezza che derivava dal sapere di avere protezioni ad alti livelli, e dall’essere sicuro che c’erano potenti dei che dal cielo scrutavano e che non avrebbero esitato a scendere sulla terra tra i mortali, sotto le apparenze di un arbitro o di un designatore, se le cose non si fossero messe bene per la vecchia Signora.

Però ridurre tutto a questo, sarebbe davvero ingiusto, perchè ora la squadra c’è ed è ben tosta: abbiamo giocatori che hanno dimostrato di meritare quella fiducia che in molti - ed io per primo -   eravamo molto restii a dare.

Invero, se fosse arrivato un extraterreste da Arturo IV  e avesse viso la partita, dubito avrebbe potuto individuare che tra le due squadre era la juve se non fosse stato in grado di riconoscere le maglie.

Perché se nel secondo tempo era facile confondersi e pensare che la grande potesse essere la squadra con la maglia rossoblù, anche nel primo tempo potevano sorgere dei dubbi: perchè se sicuramente la squadra a strisce aveva avuto molte più occasioni, lo spettatore alieno avrebbe potuto pensare che se la squadra vestita con magliette  rossoblù aveva appositamente schierato un omino pelato che non solo era scarsissimo, ma finiva sempre per dare una mano alla squadra vestita con casacca a righe, magari lo aveva fatto  apposta, per non voler stravincere e rendere più interessante la partita.

Invece, a mio avviso, nonostante la bellissima prova, proprio la presenza di quell’omino ci è stata fatale sul piano degli equilbri tecnici e tattici: modo elegante e indiretto per dire che se vai a Torino pensando di poter regalare agli avversari un uomo per un tempo e qualcosina, sicuramente sei pazzo.

E mica per niente Gasperini è così: è un vero e proprio genio, finissimo e alchemico psicologo  nel creare un gruppo compattissimo nel quale (quasi) ogni giocatore dà il meglio di sè e rende indubbiamente moltissimo, contribuendo a formare una robustissima ossatura di squadra, forte e divertente al tempo stesso, ma, come spesso è tipico dei geni, coltiva un filone di pura follia, che si chiama Di Vaio.

Ma va bene anche così.

  Genoa, 21 ottobre 2007                         Cecco Angiolieri


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