Se ne facciano un dramma

di Cecco Angiolieri

Prima partita persa in casa e una flessione che appare “a luce meridiana” come scrive un mio collega, che, in verità, sa solo scrivere questo e poco altro.

Oh, per carità, come in tutte le flessioni si possono certo cercare gli alibi, che nel caso di specie sono svariati e tutti credibili: dall’arbitro che ha permesso allo Spezia di giocare in modo scientificamente intimidatorio. A Greco decisamente fuori forma, al portiere avversario che ha fatto le solite parate miracolo, e in ultimo, ma non ultima  una non trascurabile dose di sfortuna.

Tutto vero, per carità, ma non sufficiente a spiegare tutto, anche perché – per onestà bisogna dirlo -  nonostante tutto lo Spezia non ha rubato nulla.

Ma anche se come me odiate le statistiche e i numeri - che nella vita, contrariamente a quanto molti pensano, contano poco e nel calcio ancora meno (e il professore era un adorabile bugiardo…) – avrete sicuramente notato come nella partita di oggi, siano quasi del tutto sparite le triangolazioni rigorosamente rasoterra e i tocchi di prima e si sia insistito in sterilissimi lanci lunghi e alti, che probabilmente cercavano il fantasma del buon Thomas, il quale,  per la verità, è fortunatamente vivo, ma in ogni caso in sovrappeso di almeno venticinque chili, e quindi anche se avesse  giocato quelle palle non le avrebbe comunque potute né prenderle né “spizzicarle” per le altre punte, per usare un termine tanto (ab)usato nel linguaggio calcistico quanto errato (spizzicare vuole solo dire mangiare a piccoli bocconi).

La verità è che per giocare “allo champagne” come ha fatto il Genoa sino a poche settimane fa, ci vuole un formidabile stato di forma tanto fisica, quanto mentale.

Perché per giocare palla a terra, triangolazione di prima e passaggi secchi in profondità, che mettano sedute l’intera difesa avversaria, bisogna essere sulla palla un po’ prima degli altri, ma soprattutto ( e qui viene il difficile) essere un po’ più attenti e concentrati di chi ti sta contro.

Ed è esattamente questa la condizione, soprattutto nel primo tempo, che ha caratterizzato il gioco dello Spezia rispetto a quello un po’ inusualmente lezioso e accademico del Genoa che – sarà magari solo una mia impressione – ma mi è sembrato sia sceso in campo con una certo sentimento, che se avessimo vinto avremmo chiamato “sicurezza nei propri mezzi”, ma siccome abbiamo perso io chiamo “fastidiosa sufficienza” .

E se non è difficilissimo  sotto il profilo atletico mantenere una squadra su un  livello di efficienza fisica medio alta, non è altrettanto facile mantenere una squadra concentrata ad alti livelli per un periodo lungo di tempo: ne sia un chiaro esempio la frequenza con la quale una squadra non di vertice, dopo aver vinto una importante partita in trasferta, la giornata successiva crolla sconfitta in casa con un avversario di basso profilo…

Sotto questo aspetto questa flessione o piccola crisi, come la si voglia chiamare, non ha aspetti solo negativi, perché evidenzia molto bene di cosa la compagine ha ancora bisogno e segna con chiarezza i limiti tecnici della squadra, che il bellissimo calcio giocato sino all’altro ieri, magari aveva fatto dimenticare.

Per questo i Genoani non devono certo fare un dramma di questa sconfitta.

Sarebbe invece bene che fosse la squadra a farsene un dramma, perché il dramma, per definizione è catartico e rivoluzionario, funziona da reset alle comode certezze e da magari sgradevole risveglio da sonni e sogni, la cui continuazione potrebbe essere estremamente negativa.

Quindi non ne facciamo un dramma, noi, se ne facciano un dramma loro.

  Genoa, 18 novembre 2006                         Cecco Angiolieri


HOME