Disonestà

di Cecco Angiolieri

Quei quattro gatti che mi seguono con una costanza e pervicacia, di cui forse neppure il Barone  Leopold von Sacher-Masoch sarebbe capace - e che io sinceramente ringrazio, perché anche se hanno il gusto dell’orrido, vuol dire che mi vogliono bene -  conoscono perfettamente l’ineludibile e cupo pessimismo del Cecco-pensiero, che con l’ottimismo e la moderata soddisfazione, proprio non ha nulla a che fare.

Cosicché in questi frangenti di quasi oggettiva euforia non solo non riesco minimamente a cogliere non si dice l’attimo fuggente, ma neppure quello addormentato in poltrona, che da attimo è diventato un pesantissimo e densissimo spazio tempo, più lento del mitico Perdomo, l’unico mediano al mondo  che ha  giocato ancora imballato nella bolla di melassa, in cui era stato imballato per proteggerlo dal trasporto dal Sudamerica.

 E così mentre gli altri esultano, io  guardo il tutto stanco, preoccupato e perplesso, con una sorta di rifiuto, di ungarettiana memoria, alla voglia di tuffarmi nel gomitolo di strade, oggi vestite di bandiere, e canti, e clacson rimanendo fermo a cercare di capire dov’è il trucco, com’è che non soffro come al solito, cosa c’è che non va in questo sapore di vittoria, che mi inquieta e mi disorienta.

Quando l’attimo sarà passato e affioreranno le inevitabili difficoltà, segnate da maligni scogli con conseguenti naufragi, allora, sia pur nel dolore, mi ritroverò con me stesso, nel tranquillizzantissimo mugugno, dove ogni disgrazia, sarà finalmente concreta, e soprattutto colpa di qualcuno.

Ma per ora sono disorientato e infastidito profondamente da questa nuova situazione, a dire il vero assolutamente inaspettata  

Oh, in realtà mica sono l’unico, anzi, in verità, tutti i Genoani sono così, a incominciare dal mitico Principe, che, per carità,  predica benissimo, ma in realtà non esiste nella realtà: invero chi scrive i pezzi del Principe è un mio amico che ha sempre avuto qualche problema con la realtà: ha sempre pensato di incarnare personaggi di pura fantasia: sino a qualche anno fa pensava di essere Capitan America, poi è passato a Silver Surfer ed  ora crede di essere un Genoano razionale: forse l’essere più fantastico tra tutti.

In questo scritto di verità e di momento catartico, devo però ricordare qualche Genoano, che magari è esattamente come me, ma forse si vergogna di essere così, o forse non ha l’onestà intellettuale necessaria per riconoscerlo.

Perché negli ultmi due anni ho avuto il piacere di entrare in stadi con strutture così rade e modeste da sentire l’odore di erba del campo di gioco e dietro la rete delle porte, al posto del cemento di una gradinata, il verde di un bosco.

Però la serie C mi ha dolorosamente colpito molto meno delle prese di posizione di alcuni  che, nonostante la maniera semplicemente scandalosa con il quale il Genoa è stato linciato prima e condannato poi (e non mi riferisco certo alla sola giustizia sportiva), hanno sostenuto con forza che la punizione inflitta al Grifo era giusta, giustissima, anzi, per la precisazione rappresentava addirittura il minimo della pena, e che la colpa di tutto ciò stava semplicemente nella così definita “infamità” di Preziosi la cui davvero infinita malvagità (o idiozia a seconda dei casi e del comodo) ontologicamente rappresentava la vera ed unica causa di tutti i mali del Grifone.

Sinceramente ai primi tempi ho pensato ad una vera sindrome di Stoccolma, quel meccanismo psicologico che ti fa parteggiare per chi ti opprime, perché una oppressione in qualche modo giustificata può essere meno dolorosa e più accettabile  di una oppressione ingiusta  o crudele.

Così come ritenevo che l’odio verso il Presidente fosse dovuto anche  all’insistenza di voci  molto inquietanti sulla sua persona e sul suo patrimonio.

Forse è bene ricordare che a dare ascolto a queste voci,  tra l’altro Preziosi avrebbe dovuto fallire da lì a pochi giorni, così come, prima ancora, avrebbe dovuto fallire la sua impresa (ricordate le obbligazioni della Giochi Preziosi?).

E forse è ancora meglio ricordare che non una sola di quelle pessime voci si è rivelata vera, e che Preziosi è stato soggetto ad una vera e propria campagna calunniosa e diffamatoria.

Però, a distanza di  due anni dai fatti - e di fronte ad un successo che per la stagione in corso potrà dirsi anche effimero, ma che nel complesso della vicenda si deve considerare come assolutamente netto e confermato – sento, assordante,  il totale e assoluto silenzio di quelle persone che, prima, con tanta sicurezza e baldanza indicavano nel Presidente l’origine di tutti i nostri mali.

Sento anche il silenzio di coloro i quali - facendosi intendere come portatori di notizie solo a loro riservate  non divulgabili al tifoso qualunque, ma certe e risolutive per i destini ultimi del Genoa -  indicavano con indomito coraggio e irriducibile volontà all’intero popolo rossoblù l’unica  via di salvezza, e cioè una risoluta e inflessibile contestazione che avrebbe alla fine spezzato le reni all’infame nemico Preziosi, rendendo così il Genoa ai Genoani nel trionfo della verità e della giustizia.

Sento i grevi e pesanti silenzi, così gravi e pesanti, che ho quasi l’impressione che questi fortunatamente pochi tifosi di professione non godano granché delle vittorie rossoblù: sarà certamente una mia impressione, destinata, immagino, a rimanere tale.

Però mi chiedo e se invece della sindrome di Stoccolma fosse stata più prosaicamente solo e semplicemente malafede?

E questa più che una mia impressione, almeno rispetto a qualcuno, è una mia certezza.

  Genoa, 8 ottobre 2007                         Cecco Angiolieri


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