Scheggia

di Cecco Angiolieri

Lo so, come si direbbe nei News Group, l’argomento è assolutamente O.T., cioè non c’entra nulla  con le solite riflessioni sul Grifo, attraverso le quali solitamente annoio quei quattro gatti che mi leggono.

O forse invece l’argomento è pertinente, se è vero che le vicende del Grifo sono comunque una metafora della vita.

E dalla mia vita oggi se ne è andata una presenza per me importantissima, una presenza che per l’arco di quattordici anni ha benevolmente spiato ogni mio piccolo movimento o gesto, per meglio lanciarmi le sue formidabili bombe di affetto, impastate di infinita dolcezza e tenerissime leccate: è morta  la mia cagnolina scheggia, di purissima razza bastarda, munita di un nobilissimo pedigree, attaccato a quel meraviglioso sguardo che ti apriva l’anima , a certificare che era bontà pura al cento per cento.

Chi ha o ha avuto la fortuna di godere della compagnia di un cane può capirmi fino in fondo, e quello scrivo in qualche modo è superfluo, chi non ha mai avuto questa fortuna forse comprende razionalmente, ma non può sentire sino in fondo quello che provo, e quello che scrivo anche in questo caso è superfluo.

Ma, a ben vedere, mica  si scrive per gli altri...

E comunque queste due righe, almeno, gliele dovevo, se non altro per la sua costante, tanto silenziosa quanto penetrante compagnia, quando accoccolata sul divano o sul tappeto vegliava sulla mia banale esistenza, inondandola di amore in ogni momento.

Vi (e mi ) risparmio i ricordi e gli episodi che hanno segnato la mia e sua esistenza: in questo momento  il dolore è troppo forte e soffocherebbe l’affetto e la ricchezza che Scheggia mi ha donato.

Una cosa, però, sin da adesso voglio ricordarla, perchè è una dote che non tutti i cani hanno e che in Scheggia era un vero e portentoso talento: Scheggia aveva il magico dono di tirare fuori il meglio da tutti.  

Si avvicinava a tutti scodinzolando e guardandoti con uno sguardo così dolce e fiducioso che la più dura e scostante diffidenza o fastidio si sgretolavano come  mura di Gerico e anche le persone più restie e ritirate – di quelle  che non l’avresti mai detto -  si chinavano  per un sorriso, una carezza, una parolina dolce.

Ancora qualche istante prima di addormentarsi per sempre, quando neppure da ferma ormai le zampe riuscivano a reggere il suo corpo sfinito dalla malattia e quando non c’era neppure più la forza per sollevare la testa e il dolcissimo muso, le ultime forze le ha usate per salutarci con un piccolo scodinzolio.

Ma anche in questo giorno così triste ho avuto la fortuna di poter ancora una volta apprezzare la sensibilità di Danilo, che l’ha seguita sino all’ultimo con una competenza ed una partecipazione davvero rari, ma soprattutto con la solidarietà di un Amico vero, con la A maiuscola.

E anche questo mi sembra quasi l’ultimo regalo di Scheggia.

 

Genoa, 19 settembre 2007                        

  Cecco Angiolieri

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