La (dis)soluzione  

di Cecco Angiolieri

Sull'accordo transattivo, formalmente non si puo' dire nulla, assolutamente nulla, per il semplice fatto che i protagonisti hanno preferito non rivelarne il contenuto, tenendolo segreto.

Non si puo' dire nulla, certo, ma tante cose si possono pensare, e neppure una e' da considerarsi buona.

La prima cosa che viene da pensare e' che se i termini dell'accordo sono stati tenuti segreti e' perche' non si possono rivelare, e se non si possono rivelare i casi sono due: o sono illegittimi o sono vergognosi, con l'avvertenza che in questo caso non e' detto che le ipotesi siano alternative, ma piu' probabilmente sono cumulative, e questa non e' cosa buona.

La seconda cosa che viene da pensare e' che se c'e' stata una transazione e' perche' entrambe le parti qualcosa avevano da perdere nel continuare la controversia, e qualcosa avevano da guadagnare nel porvi termine.

E qui sorge spontanea una prima riflessione: poiche' il Genoa da questa vicenda ha gia' perso tutto quello che poteva perdere, e forse anche qualcosa di piu', sia in termini patrimoniali, morali e di classifica, il Grifone poteva ancora temere solamente ulteriori penalizzazioni per la clausola compromissoria e il caso Ghomsi, sinceramente poca cosa rispetto alle sanzioni gia' subite, e viene quindi logico pensare che la molla che ha spinto Preziosi a concludere la transazione non stia tanto nel risparmiarsi altre vessazioni - invero modeste rispetto a quelle gia' subite - ma piuttosto stia nel vantaggio che il Genoa trarra' dalla sconosciuta contropartita che la FGC gli ha concesso a fronte della rinuncia a tutte le azioni intraprese.

Pero', guardando la vicenda sotto il profilo etico, che come tifoso e' la sola vera cosa che mi importi, la giustizia sportiva, e piu' in generale la giustizia, non puo' essere oggetto di patteggiamenti, in quanto ogni condanna e ogni assoluzione che derivi da un qualsiasi patteggiamento, perde di per se' qualsiasi connotato di giustizia e diventa semplice composizione di interessi, cosa magari fruttevole, e conveniente , ma che con la giustizia e l'etica c'entra quanto un crocefisso nell'ufficio di Stalin.

Tra l'altro il solo accordo che conosciamo della misteriosa transazione, e cioe' la rinuncia da parte della FGC a proseguire le azioni disciplinari a fronte della rinuncia del Genoa a coltivare le proprie azioni, anche formalmente e' in contraddizione con le tesi di Carraro che aveva sempre sostenuto che la federazione sarebbe del tutto estranea alle decisioni della giustizia sportiva, la quale - sempre secondo Carraro - sarebbe costituita da organi del tutto indipendenti dalla federazione stessa...

E anche questa non e' cosa buona

La seconda riflessione che mi sorge spontanea riguarda la davvero singolare posizione della FGC che addivenendo alla transazione ha confermato - semmai ce ne fosse stato bisogno - che non solo il suo comportamento non e' stato certo cristallino, ma che, evidentemente, aveva oggettivi e fondati timori per ritenere che dagli sviluppi delle inchieste della magistratura e/o dalle azioni del Genoa potessero emergere elementi fortemente dannosi e deleteri per la federazione stessa.

In effetti vi e' da considerare che non potendo la magistratura entrare nel merito delle decisioni della giustizia sportiva, l'unica ipotesi dalla quale avrebbero potuto originarsi concretamente conseguenze dannose per la federazione era proprio la dimostrazione della veridicita' delle ipotesi avanzate dal Genoa, e cioe' di una condanna resa calpestando i piu' elementari diritti dell'imputato e senza neppure un effettivo contraddittorio.

E vi e' di piu': il presupposto per ottenere un risarcimento davvero sostanzioso, e quindi il presupposto per ipotizzare un reale rischio per la Federazione di dovere pagare somme ingenti non si limita all'accertamento di gravissimi vizi processuali della giustizia sportiva, ma si deve necessariamente estendere all'ipotesi che manchino anche prove sull'effettiva e sostanziale colpevolezza della societa', almeno nei termini configurati nelle sentenze di condanna della commissione disciplinare e della caf, perche' se da altri elementi emergesse in sede giudiziaria che comunque in Genoa era effettivamente colpevole nei termini prospettati, allora ben difficilmente un giudice civile potrebbe riconoscere un danno sostanziale dell'ordine delle decine di milioni di euro...

Io penso che non sapremo mai la verita', e dubito ci sia poi in fondo una verita' da conoscere, se non quella relativa ad una tristissima realta', che vede ormai l'intero calcio italiano immerso in un mondo cosi' compromesso - e in quel mondo ci infilo tutti, dai giocatori, ai dirigenti e persino al pubblico - che ormai non ci si preoccupa neppure piu' di salvare le apparenza.

Siamo caduti talmente in basso, che non abbiamo piu' neppure bisogno dell'ipocrisia.

Genoa, 20 gennaio 2006                           Cecco Angiolieri


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