Psicodrammi

 

Da tempo mi sono convinto che la più singolare caratteristica del Genoa, credo abbastanza rara nel panorama nazionale, sia quella di essere praticamente tutto, eccetto che una squadra di calcio.

In effetti, se fosse solo una squadra di calcio, ci limiteremmo a discorsi tecnici, a gioire del bel gioco o dei bei risultati, quando le cose vanno bene, ovvero a lamentarci quando le cose vanno male, magari allontanandoci da spalti e pay per view, quando lo spettacolo è modesto, come fanno gli spettatori di tutte le squadre del mondo.

Eppure questo non succede.

Se il Genoa fosse un investimento razionale, i genoani non esisterebbero più da diversi decenni: penso sia difficile trovare un'impresa nella quale gli spettatori versano una così grande quantità di denaro, tempo e passione ottenendo in cambio così poco (retrocessioni, presidenti, allenatori e giocatori fedifraghi, ecc. ecc.).

Eppure i genoani esistono ancora.

Mi ricordo nell'estate del 2005, subito dopo i processi sportivi: tornato in visita nel grande ufficio pubblico dove avevo lavorato qualche anno prima, trovai una singolare differenza. Parecchie scrivanie recavano simboli rossoblù. Signore e signorine che mai avevano prima di allora manifestato il minimo interessamento per il calcio o per il Genoa. La mia prima ipotesi fu che fossero sfottò per i pochi genoani che sapevo lavorare lì, e invece mi risposero in coro che era proprio il contrario. Ne ricordo una, che disse, più o meno: "Eh no, a me del pallone non è mai fregato nulla, ma mio papà era genoano e in un momento del genere lui avrebbe reagito. Lui non c'è più, e allora reagisco io."

Mi pare allora chiara una cosa: il Genoa ai genoani non dà affatto poco, ma molto: la speranza di un domani migliore da conquistare con le proprie forze. Un domani da strappare alla vita, non da comprare o elemosinare, forse solo la possibilità, preziosa, anzi inestimabile per chi non vive solo a rimorchio degli eventi, di dire: "io almeno ci ho provato".

Come tutte le cose, anche questa ha però i suoi pro e i suoi contro.

I contro sono che quando non ci sono disgrazie contro cui reagire, il genoano se le crea .

Non si spiega altrimenti perché, in un anno come questo, che, salvi miracoli, è palesemente un anno di transizione (Juventus, Bologna, Napoli hanno titoli sportivi e politici ben maggiori dei nostri) e la società, sembrerebbe consapevolmente, ha deciso di puntare su un programma a medio termine (maturazione di giovani importanti, costruzione di un gioco, su cui innestare qualche gioiello l'anno prossimo), ci stiamo tutti convincendo che "se non si vince quest'anno è la fine."

Sono anni, anni e anni che questa frase si ripete e sono anni, anni e anni che non solo non si vince, ma manco si sta in letizia.

Se si perde giocando bene, conta il risultato, se, come a Treviso, si vince senza aver dato spettacolo 90 minuti, si è rubato. Tocca persino sentir dire che ha problemi a segnare e ha rubato una squadra che segna tre goal in trasferta. Sarà anche vero, ma gli avversari, allora ? In serie B sono tutti Barcellona e Real Madrid ?

E se anche fosse vero che le cose non andranno bene, è poi un merito così grande aver urlato "al lupo" per primi ?

Sembriamo dei ciclisti (ehm... ), che all'inizio della salita, invece che pedalare a turno e in concordia, da un lato sprecano fiato a urlare: "se non arriviamo primi siamo degli imbecilli !", dall'altro si pigliano a calcetti e manate l'un l'altro, dicendo: "io te lo dico: se continua così arriviamo con distacco di 5 minuti!" "l'ho detto prima io: arriviamo con distacco di 10 minuti", e così via...

Magari perderebbe lo stesso, ma contro una squadra del genere credo arriverei persino prima io, persino sul Mortirolo..

Non è che basterà cambiare mentalità (e magari è la volta che il miracolo succede ?).

 

 

 

Genoa, 10 dicembre 2006

Principe Myskin

 

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