Fabrizio de Andrè

di Principe Myskin

 

 

"Pensavo: E' bello che dove finiscono le mie dita

debba in qualche modo cominciare una chitarra..."

 

Tra tanti bei versi di Fabrizio de André questi mi hanno sempre colpito in modo speciale, perché mi sono sempre sembrati i più adatti a descrivere una Sensibilità. Ho sempre inteso quella chitarra come simbolo dell'Altrove, dell'impalpabile che unisce. E' proprio vero, infatti, che, delle persone con una intelligenza eccezionale, ci resta impressa soprattutto la disarmante Bontà.

Non ho conosciuto personalmente Fabrizio de André, ma sono certo di non sbagliarmi.

Del resto, come molti di quelli che hanno veleggiato nelle nostre maccaje in questi anni, ho avuto tante occasioni di incrociarmi idealmente con lui.

Ricordo i vecchi 33 giri e le cassette BASF nella casa di mia nonna, al settimo piano di un ritorto palazzo di Vico del Fieno. Canzoni che, bambino delle elementari, non  capivo, ma sotto le quali sentivo una mano ruvida per essersi troppe volte serrata, ma ansiosa di carezze, e, cosa rara, di carezze da dare.

Ricordo che ero rapito dalla Canzone dell'Amore Perduto (che definivo la canzone più bella del mondo). Non avevo alcuna idea di cosa fosse l'Amore. Ma, anche questo è un segno, avevo già ben chiaro cosa vuol dire perdere qualcosa.

E, anni dopo, il professore di Religione che sosteneva che La Buona Novella fosse il frutto dei suoi amorevoli litigi con quell'allievo così indimenticabile, che ricordava nella sua memoria volare come un'aquila.

Del resto sono tanti i fili che annodano le nostre storie, quella di Fabrizio e quella di tante altre persone che, come noi, si sono affacciate a questo sole, per poi vedere il mare richiudersi sopra e permanere solo il ricordo di tanti cerchi concentrici, sempre più grandi ma sempre più flebili, destinati a sopravvivere, ancora un poco, nell'Eco di chi ti è affine. Perché c'è sempre Qualcuno.

Abbiamo già ricordato il primo incontro di Fabrizio de André con il Genoa: io ho un altro piccolo e quasi insignificante ricordo privato, che, chissà perché, mi aveva colpito tantissimo. E' un ricordo dai contorni gualciti e incerti... Un articolo in una delle rubriche interne dei Topolino libretto (forse quella curata da Salvator Gotta ?) dove, forse alla domanda di un lettore più grandicello che chiedeva notizie di Fabrizio de André, seguiva un articolo di una ventina di righe soltanto. Almeno tre di quelle erano dedicate alla sua passione per il Genoa.

E quelle righe, anche se ero un bambino, me le ricordo benissimo.

 

"Pensavo: E' bello che dove finiscono le mie dita

dobbiamo  in qualche modo cominciare Noi..."