L'Albatros

(c'è un tempo per camminare e un tempo per volare)

 

 

 

Coloro che hanno la pazienza di leggere quello che scrivo, oltre a qualche raro segno di apprezzamento, talvolta mi fanno, per lo più garbatamente, pervenire le loro critiche.

Alcune mi sembrano bizzarre.

Ad esempio mi pare bizzarra la critica di chi dice che sosterrei tesi "consolatorie". In effetti, nel dire, dalla primavera 2005, che che il calcio è parecchio marcio e che la responsabilità (responsabilità storica, non certo gli errori contingenti delle campagne acquisti) degli insuccessi del Genoa è in grande misura dei suoi tifosi non vedo cosa ci sia di consolante. Ma mi sfuggirà qualcosa.

 

Altre sono, secondo me, più interessanti.

 

Una è quella che trova sproporzionato l'interesse che dedico al tifo calcistico.

A questi rispondo, ancora una volta, senza stancarmi, che la civiltà di popolo si misura dalle favole che crede. E il calcio è la grande fiaba italiana, l'unica sopravvissuta, ancorché in cattiva salute. L'Italia si può (potrebbe) comprendere, valutare, educare, molto più parlando di pallone che non di politica o spettacolo, spocchie intellettuali a parte.

 

Altri mi rimproverano che, nei Genoani, io vedrei solo del male.

Questo non è vero, anche se un po' mugugnone lo sono: mi concentro sui difetti, perché mi hanno insegnato che si fa così quando si vuol migliorare.

Ora che però sembra andare tutto male (in questi anni persin peggio del solito :-)  ma non è un caso: il calcio degli stadi è morto), invece che un noioso "l'avevo detto, io !" (gridato, ora, a gran forza da molti, specie da quelli che fino a pochi mesi fa si dicevano pronti a lanciarsi nel fuoco per la causa opposta, come è tipico degli italiani)  mi sembra giusto dire che i Genoani una cosa buona, e anche grossa, ce l'hanno.

Gli uomini, lo dicevano già gli imperatori romani, quando si trattava di scegliere i loro più fidati generali, si dividono in persone "di testa" e "di cuore".

Raramente le persone sono perfettamente equilibrate: per lo più o si pende più in una direzione ovvero nell'altra.

I Genoani sono, semplicemente, persone che pendono, e pesantemente, dal lato del cuore.

Il cuore, nella vita di tutti ai giorni serve a poco, anzi, nei calcoli meschini del sopravvivere, (che è cosa diversa dal vivere) spesso è un impaccio, che impone scarti imprevedibili, determina costi incontrollabili, salti e sofferenze. Ma è anche nemico della organizzazione, del progresso come sviluppo programmato.

In questo senso, il cuore non è un bene.

 

Ma la Vita e la Storia non sono solo ordinaria amministrazione.

 

Una volta ogni dieci, cento, mille anni, ci vuole anche qualcuno che sappia fare un salto impossibile nel vuoto, o vedere nel buio, e quel salto lo sanno fare solo gli Eroi, la Luce la vedono solo i Santi e i Poeti.

 

Possiamo deridere quanto vogliamo le persone così congegnate, ma, facendolo, ricreiamo la scena, immortale, straziante e meravigliosa, che Charles Baudelaire descrisse nei Fiori del Male.

 

Spesso, per divertirsi, gli uomini d’equipaggio

Catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,

Che seguono, indolenti compagni di viaggio,

Il vascello che va sopra gli abissi amari.

 

E li hanno appena posti sul ponte della nave

Che, inetti e vergognosi, questi re dell’azzurro

Pietosamente calano le grandi ali bianche,

Come dei remi inerti, accanto ai loro fianchi.

 

Com’è goffo e maldestro, l’alato viaggiatore!

Lui, prima così bello, com’è comico e brutto!

Qualcuno, con la pipa, gli solletica il becco,

L’altro, arrancando, mima l’infermo che volava!

 

Il Poeta somiglia al principe dei nembi

Che abita la tempesta e ride dell’arciere;

Ma esule sulla terra, al centro degli scherni,

Con le sue ali di gigante non riesce a camminare.

 

 

C'è un tempo per camminare e un tempo per volare.

Ed è tra gente come sono stati i Genoani, io credo, che nascono gli Albatri

 

 

 

 

 

Genoa, 1° maggio 2006

 

 Principe Myskin