Dall'inferno al paradiso

Sabato 24 Maggio 2003: il Genoa 1893 retrocede in serie C, accompagnato dall'incuria dei potenti genovesi e dalla inettitudine dei protagonisti in campo. Lo stadio ribolle di ira, il genoano piange lacrime amare.

Sabato 7 Giugno 2003, ieri sera: sono passati solo quindici giorni, ma sembra passato un anno. Nell'amarezza la gente genoana si ritrova; le finestre si riempiono di bandiere fino a superare largamente quelle di una banale promozione in A; si ritrova il puro entusiasmo dell'essere semplicemente genoani, emozione fine a se stessa; infine in ventimila, a marassi a cantare e ballare tutti assieme come per la conquista di un grande risultato. Il genoano ora piange, ma di gioia.

Questo lasso di tempo ha suscitato in tutti noi tali e tante emozioni che vogliamo raccogliere in questo capitolo tutto quello che ci passa in mente e che passa in mente a voi, "gente genoana". 

Scriveteci i vostri pezzi migliori, questa galleria rimarrà eterna.

 

Dannazione (24 maggio 2003)

"Chiuso tra cose mortali (anche il cielo stellato finirà), perché bramo Dio ?" Questi versi, certo un po' altisonanti, mi sono risuonati in mente mentre entravo al Ferraris questa sera.
Mi domandavo perché così tante persone (e io stesso) avessimo deciso di accorrere per assistere alla salita al nostro ennesimo piccolo calvario sportivo.
Certo, si potrebbe liquidare tutto come masochismo, oppure come un esempio di clamorosa, ingenua, illusione.
E sarebbe anche la spiegazione più semplice, visto che ci sono poche cose lontane dalla realtà (della squadra, del calcio e della vita stessa) come il modo di sentire e di essere di un Genoano. E ancor più oggi, quando sembra che l'unico valore di uomini e pensieri sia la conformità a uno standard. Come se fossimo tutti matite, il cui pregio sia quello di adattarci nel modo migliore alla scatola destinata a contenerci. O come vuoti a perdere, di cui si cerca il minor ingombro possibile, per un rapido e indolore smaltimento.
A rifletterci, però, non è nulla di tutto questo.
C'è consapevolezza, orgoglio e ribellione, nella nostra diversità.
Mi sono venute allora alla mente alcune belle parole di Giovanni De Luna, che suonano, più o meno, così: "Questo schifo di mondo, nei suoi momenti più bui e bassi, si è sempre salvato, finora, perché c'è sempre stato qualche pazzo, rivoluzionario o poeta che ha saputo credere in ciò che non vedeva, fare ciò che solo uno sciocco avrebbe fatto, rilanciato quanto tutti avrebbero incassato"
Credo che questo tipo di uomo assomigli a un genoano.
C'eravamo anche prima, ci saremo anche dopo.
Principe Myskin

 

Dormire, Aglaja, potessi dormire.

Agitata da immagini e suoni che ancora non riesci a staccare da retina e timpani ancora e ancora e ancora - chi non salta conquista la vittoria e facci un gol you never walk alone coi pantaloni rossi susseve sto belin la canzone che viene dal cuor e io non resto a casa - batti le mani salta canta grida insulta incoraggia resisti e ancora e ancora e ancora - questo lo facevo anch'io ci lasciano pareggiare non è possibile sbagliare così a lavorare andate a lavorare non riescono non riescono non possono ma all'ultimo quarto d'ora? ma all'ultimo minuto? bisogna crederci! a cosa? bisogna vincere! ma quando? - come puoi riposare adrenalina caffè lacrime inghiottite seduta adesso instupidita perché perché perché continuare a inseguire sogni perché attaccarsi a ciò vorresti fosse e non è perché uno stupido piccolo sogno non vince mai sulla ragione perché. porti i piedi uno avanti all'altro non vedi dove vai inciampi e non senti male, non maggiore di quello che provi. stupida stupida che pensi che prevedere pari i colpi al cuore non esiste barriera sufficiente non esiste il ghiaccio che ti anestetizza paralizzando la lama che scava che scava che scava. una sciocca partita di calcio metafora analogia similitudine aggiungi tutte le vuote parole che conosci per descrivere un'altra delusione un altro calcio nei denti un altro tentativo per sublimare te stessa in un fallimento. Volano seggiolini vola ira funesta incoercibile ira che è pianto amore disillusione ferita. Volano via pensieri e canti ancora dentro di te e già progetti la risalita. stupida che hai preso quel calcio nei denti e già sorridi senza incisivi. stupida stupida che non serve chiamarti stupida e sapere di esserlo

  Come un'onda che tutto travolge come un'onda che tutto travolge come un'onda che tutto travolge. Amen.

( 25 Maggio 2003 1.33 a.m.)

 

Questo siamo noi (7 giugno 2003)

Noi c'eravamo, ieri sera.

Eravamo lì, ancora, come sempre, per festeggiare il nostro amore per te, Genoa, Genova, radice di noi tutti, matrigna e madre di dolore e gioia. Si spegne, in una serata come quella di ieri, ogni individualità, ogni particolarismo: eravamo noi, i Genoani, ed eravamo i nostri padri, i nostri nonni, i bisnonni e i nostri figli e la Genova che sarà, a ritrovarci in un appuntamento di rinascita. Eravamo noi, i Genoani, il dodicesimo che non tradisce mai, che mai abbandona, che sempre rimane a dispetto di tutto. Eravamo noi, i Genoani, in quei boati che si alzavano al cielo, in quell'anima che ha reso campioni quei meravigliosi ragazzini in campo, in quei colori che hanno riempito la città del nostro esserci. Come spiegare, come raccontare, logicamente, razionalmente, se di logico, di razionale non c'è stato nulla, la magia incredibile di ieri: solo sentimento, follia, commozione, emozione. Una sbornia di allegria, lacrime e speranza: la catarsi perfetta, tanto attesa, si è compiuta. E lo zenit, dopo un tripudio di cori instancabili di appoggio incondizionato verso la squadra e il suo allenatore, si è raggiunto quando si è levato, alto e potente, solenne ed intenso come il Va'Pensiero, il *nostro* Ma se ghe penso. Lì ho visto la mia pelle accapponarsi dall'emozione, come quella delle persone che mi erano vicine. Ma le mie lacrime sono sgorgate incontenibili, e non me ne vergogno, al terzo goal del Genoa: la felicità di quel ragazzo, l'entusiasmo da scudetto dello stadio, l'abbraccio dei suoi allievi al maestro buono, Vincenzo, hanno dato la stura a tutte le emozioni che ero, con fatica, riuscita fin lì a dominare. E la festa finale, il trionfo di Torrente, di Preziosi, le mille bandiere e i tifosi esultanti in campo e ancora i caroselli festosi per le strade: una follia d'amore meravigliosa e unica nella storia del calcio. Da dove nasca questa follia è arduo spiegarlo: si impazzisce per amore, per il troppo dolore, per l'eccessiva felicità, per l'alternarsi violento di speranza e disillusione, di schiaffi e di baci. Ma le parole, le spiegazioni, sono superflue, ridicole. Un bambino di nove, dieci anni, spinto dai genitori sulla sua sedia a rotelle, all'uscita dallo stadio, ieri sera, braccia al cielo con un bandierone sventolante, gli occhi brillanti di entusiasmo e felicità, gridava: "Siamo i più forti! Siamo i più forti!".

Questo siamo noi.

Aglaja