
Aldo Grasso dal Corriere della Sera del 17 febbraio
2003:
Gigi Meroni oggi avrebbe 60 anni e sarebbe a Tahiti
di ALDO GRASSO
Se Gigi Meroni fosse ancora in vita oggi compirebbe 60
anni e mi chiedo cosa farebbe nella vita. Ma Gigi non c'è più:
è morto a 24 anni, travolto da un auto in corso Re Umberto a Torino,
il 15 ottobre del 1967. Me la ricordo bene quella domenica perché
mi ero appena trasferito a Milano, e non è facile capitare in un
posto estraneo con il solo bagaglio di una simile tragedia. Ma pensando
e ripensando a Meroni, a quell'artista del pallone, mi viene solo in mente
il celebre frammento di Menandro: "Muor giovane colui ch'al Cielo
è caro". Quella morte, in limine, lo ha fatto entrare nella
leggenda e gli ha risparmiato, forse, una longevità pleonastica.
Non me lo vedo Meroni in una delle tante trasmissioni tv sul calcio alzare
la voce per assenza di idee, non me lo vedo seduto al fianco di uno dei
tanti opinionisti d'accatto e un po' accattoni, non me lo vedo mendicare
una comparsata seduto in mezzo a due sgallettate. Ne me lo vedo nemmeno
nel "giro" (allenatore, osservatore, parassita, di professione
reduce) in un calcio che non è più il suo calcio. A dirla
tutta, se oggi Meroni avesse 24 anni, faticherebbe a trovare un posto
in un mondo più muscoli che cervello, più Cimminelli che
sport: lui così atipico, talentoso, sognante. Già allora
rinunciò alla nazionale perché un allenatore piccino gli
voleva imporre il taglio di barba e capelli. Di sé diceva: "Che
sforzo ci vuole ad andare al Piper conciato come quelli che vanno al Piper?
È lo stesso che andare alla Scala in abito da sera. Giuro che è
molto, molto più difficile entrare in campo con barba e baffi,
perché non c'è mondo più conformista di questo calcio".
So- gnava di fare il pittore. Una volta sussurrò: "Ho ventitré
anni e quindi tutto il tempo per aspettare: fra dieci anni nessuno si
ricorderà di me come calciatore e allora farò la personale.
E la gente e i critici diranno: vedia- mo un po'come dipinge questo Meroni,
è un pittore nuovo, mai sentito nominare". A trentatré
anni, divenuto pittore celebre, sarebbe fuggito con la sua Kristiane,
la ragazza del tiro a segno, nei Mari del Sud o a Tahiti o nel- le Isole
Marchesi. La domenica dopo la sua morte, il Toro giocò un partita
da leggenda e battè la Juve per 4 a 0. Quella partita ha dato un
senso al gioco del calcio e, per quel niente che interessa, anche alla
mia vita.
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