I
fioretti di Frate Francesco da Lipari
(agiografia di Franco
Scoglio scritta da Sorella Aglaja nell'anno di grazia 2001)
CAPITOLO PRIMO. Al nome del Nostro Grifone
Glorioso. In questo libro si contengono certi fioretti miracoli ed
esempi divoti del glorioso professore messer santo Francesco e
d'alquanti suoi santi compagni. A laude del Grifone. Amen.
In
prima è da considerare che 'l glorioso messere santo Francesco
da Lipari in tutti gli atti della vita sua fu conforme al Grifone,
che come provossi a discostarsene, indotto in tentazione dai
demoni Ambizione & Danaro, divenne messer da Roccacannuccia o
Roccapepa. Santo Francesco elesse dal principio del
fondamento dell'Ordine Grifoneo undici compagni possessori
dell'altissima fiducia nel verbo di Santo Francesco, più
una ridottissima panchina. Tutti que' santi compagni di
santo Francesco da Lipari furono iuocatori di tanta abilità,
che dal tempo dell'Uefa in qua il mondo rossoblù non ebbe
così maravigliosi e santi uomini: ecco ch'alcuno di loro fu
ratto infino all'area avversaria come Santo Pato, e questo fu
frate Gabsi; alcuno di loro, come fra Francioso, fu toccato sulle
gambe dalla sferza del Grifo e ritrovò il tocco punitivo
di santo Branco; altri, come frate Malagò fu miracolato e
trasformato in iuocatore vero, sibbene tentato da Monna Iuventute;
altri, già defunti, ritrovarono lo soffio vitale, frate
Stroppa che s'intoppa fu di questi uno; alcuno volava per
sottilità d'intelletto infino alla luce della sapienza come
l'aquila, e questo fu frate Nicola, umilissimo, il quale seppe
accettar la penitenza ed accettar le decisioni oscure di Santo
Francesco, pronto a farsi ritrovar alla bisogna; e molti frati,
infine, per tener dietro ai passi di santo Francesco,
abbandonarono il loro nero continente e seguirono lo santo
nella città di Genoa. Ma tutti furono privilegiati di
singolare segno di santità, siccome nel processo del Priore
Biscardi si dichiara.
CAPITOLO SECONDO. Come messer Bellotto,
quasi proverbiando, disse a santo Francesco da Lipari che a lui
tutto il mondo andava dirieto e che non capiva; ed egli rispuose
che ciò era a confusione del mondo e grazia del Grifo; e
che non era colpa sua se non capiva.
Dimorando una volta santo
Francesco nel luogo della Biscardea transmissione con frate
Bellotto da Sampierdarena, uomo di grande umiltate, discrezione
e grazia nell'affrontare le prove stracittadine, per la qual cosa
santo Francesco molto l'amava, accadde che detto messer Bellotto
volle provare sì com'egli fusse umile, e fecieglisi
incontra, e quasi proverbiando disse: "Perché a te,
perché a te, perché a te?". Santo Francesco
risponde: "Che è quello che tu vuoi dire?". Disse
messer Bellotto: "Dico, perché a te tutto il mondo
viene dirieto, e ogni persona pare che desideri di vederti e d'udirti
e d'ubbidirti? Tu non se' bello uomo del corpo, tu non se' di grande
scienza, tu non se' nobile onde dunque a te che tutto il mondo
ti venga dietro? Per non contare il fatto che la media inglese non
esiste!". Udendo questo santo Francesco, tutto rallegrato in
ispirito, rizzando la faccia al cielo, per grande spazio istette
colla mente levata, quasi cercando nel Grifo ispirazione, e poi
ritornando in sé, con grande fervore di spirito si rivolse
a messer Bellotto e disse: "Vuoi sapere perché a me? Vuoi
sapere perché a me tutto 'l mondo mi venga dietro? Perchè
lo calcio est matematica e ora ti farò due schemini che ti
illustrino le mie scientifiche visioni" e però a fare
quell'operazione maravigliosa, la quale egli intendeva di fare,
non trovò più incredula creatura sopra la terra e
quando frate Francesco, al termine delle sue elucubrazioni gli si
rivolse e chiese: "Ho spiegato tattica a livello elementare,
così anche le umili creature del Signore hanno capito"
e messer Bellotto a così umile risposta, detta
con fervore, sì si spaventò e conobbe certamente che
santo Francesco era veramente fondato in umiltà, che osò
rispondergli: "Io non ho capito" e lo santo Francesco
chiosò: " E questa non è colpa mia" E qui
chiudo lo capitulo secondo
CAPITOLO TERZO. Come santo Francesco fece provare
l'amaro calice della sconfitta per purificare dalla superbia i
suoi frati
Santo Francesco istigato dallo zelo della fede del
Grifo e dal desiderio del martirio, andò una volta nel
profondo Sud italico con i suoi compagni santissimi, per portare
anche lì la parola del Grifone. Essi giugnevano in quelle
lande superbi dell'impresa appen compiuta. Erano infatti reduci da
un incontro con certi Saracini di Sampierdarena, ove, come piacque
al Grifo, codesti furono battuti dinanzi al loro vessillo
strappato. Ma essendo santo Francesco ammaestrato dallo Spirito
del Grifo, egli predicò sì divinamente l'umiltà
ai suoi fraticelli esaltati, che eziandio per essa fede decise di far
saggiar loro il martirio. Santo Francesco concesse ai suoi frati
la nuova esaltazione del vantaggio compiendo mirabilia : ascesa al
cielo del più massiccio di essi e miracolosa et inaudita
segnatura volante. Ma la suberbia gravava su quei cuori e santo
Francesco non impedì la giusta punizione: gli infedeli
trovarono in sè medesimi la forza di ribaltar funesta
situazione. Di che la repentina sconfitta e cosentina fu per i
seguaci del Grifo un segnale, per lo quale essi acquisirono la
lezione di umiltà per il volere di santo Francesco e
ripresero il cammino verso la santità, forti del
nuovo ammaestramento.
L’incantatore di
anime perse
Oracolo di sé e del Grifone, taumaturgo
di accidie incancrenite,
è incantator, non di cobra o
pitone, ma di anime perse e impallidite.
Acrobata di
lessico azzardato, calamboureggia parlando seriamente,
accende
pur il cuor più sfiduciato e il pavido ritorna assai
veemente.
Ad minchiam va, latinorum rituale, chiunque non
comprenda il sacro verbo.
All'infedel sia risparmiato
strale: disgrazia è già l'esser nullo di nerbo!
E
se il gioco di oggi è sol magia, ieratica illusione,
incantamento,
lasciate che sia pure quel che sia: col mago
inizia un nuovo salvamento.
Aglaja
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