Nessun dorma !
(dedicato agli altri)
OK, avete riso e vi siete divertiti. Il giallo dell'estate 2005 - le vicissitudini del Genoa - vi hanno allietato le vacanze, sia che siate ciclisti o tifosi di altre squadre. Persino gli agnostici, quelli per cui il calcio è "22 scemi in mutande che corrono dietro a un pallone" si sono divertiti a valutare valigette e a commentare sentenze.
Ora però provate a dedicare 10 minuti del vostro tempo alla lettura di questo articolo, apparso 3 giorni orsono sulla Gazzetta del Mezzogiorno, giornale non proprio genovese e quindi ben lungi dall'essere considerato di parte. Sappiate che quello che è successo a noi, domani potrebbe succedere anche a voi, se non siete tifosi di Milan, Juve, Roma o Lazio. Magari fatelo senza dirlo agli amici, e poi andate pure in giro a dire che la nostra retrocessione in C è sacrosanta, e che siamo dei ladri e quant'altro vi passa per la testa. Ma ricordatevi che finchè il pallone sarà governato da questa mafia, tutto questo può succedere anche a voi. E ricordate anche che questi giudici potrebbero finire sulla vostra strada anche nella vita di tutti i giorni.
Liaigh
Dalla GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO del
6 Agosto 2005
Calcio - Le incongruenze del caso Genoa
Togliendo qualche rara eccezione, quasi tutta la stampa, ha definito
«esemplare», la sentenza della Commissione Disciplinare della F.I.G.C. sul
«caso» Genoa-Venezia che, invece, si caratterizza per
essere inequivocabilmente contraddittoria, debole, antigiuridica, illegittima
ed emessa in spregio anche ai più elementari principi del diritto e della
logica. Si potrebbe analizzare ogni singola riga e su
ogni riga si può trovare qualcosa di importante da obiettare e da confutare, ma
per necessaria brevità verranno indicati solo alcuni concetti basilari.
Svolgimento dei fatti
- Vediamo, come si sono svolti, in effetti, i
fatti. Capozucca, direttore generale del Genoa, viene informato
telefonicamente da Cravero (sulla via di diventare collaboratore dello stesso
Capozucca) che il Torino è intenzionato a pagare un premio «a vincere» al
Venezia. Di questo ne ha dato atto anche la Commissione che infatti ha
squalificato Cravero per «omessa denuncia». I dirigenti del Genoa hanno
conferma di tale situazione anomala anche da Esposito tramite un suo amico.
Ulteriormente allarmati da quanto accaduto pochi giorni prima a Piacenza dove
la squadra locale aveva dimostrato un’intensità agonistica ed una «cattiveria»
molto «sospetti» ed ingiustificati dalla situazione di classifica (per esempio
espulsione dell’allenatore Jachini per eccessive proteste dopo soli 20 minuti),
che cosa possono fare? Non avendo sufficienti elementi tali per procedere con
una denuncia all’ufficio indagini, cercano di verificare, come avrebbero fatto
chiunque di buon senso anche in altri ambiti aziendali e personali, cosa sta
succedendo, incontrando i dirigenti del Venezia. In questa occasione Preziosi viene
informato dallo stesso Presidente del Venezia Gallo che ha acquisito la
proprietà del 23% del Torino (senza dichiararlo alla F.I.G.C.), cosa che,
ovviamente, rafforza la convinzione che ci possa essere davvero un accordo
«illecito» tra il Torino ed il Venezia. A questo punto per cercare di evitare
che tale illecito si verifichi, contatta Dal Cin con cui ha un rapporto di
lunga data, affinché vigili e si adoperi perché in casa veneziana nulla accada
e che i giocatori non siano «incentivati» nella loro prestazione agonistica.
Inoltre chiama Romero e gli dice «Cosa mi stai combinando?» e gli richiede
perentoriamente di presentarsi per un chiarimento a Milano la mattina dopo,
altrimenti avrebbe denunciato il tutto all’ Ufficio indagini.
Preziosi si incontra il giorno prima della gara Genoa-Venezia con il
dirigente granata (che accetta con immediatezza l’invito a Milano,
avendo evidentemente qualcosa da temere). Se fosse stata concordata la combine
con i dirigenti veneziani (siamo solo a 24 ore dalla partita), come risulta
dalla decisione della commissione, quale ragione avrebbe avuto Preziosi per
voler incontrare Romero? Tale ricostruzione è assolutamente «logica» e
supportata da tutti gli elementi presenti nel fascicolo, cosa che non accade
altrettanto con l’ ipotesi accusatoria che è priva di collegamenti logici
basilari. Nessuno ha mai parlato di concordare un risultato, nessuno ha neanche
mai accennato ad un «premio» al Venezia per la vittoria del Genoa (peraltro
anche la logica dice che non può avere alcun senso
acquistare una partita del genere, la seconda contro la penultima già
retrocessa). In definitiva la Commissione ha deciso di punire Preziosi e quindi
anche il Genoa perché ha evitato che si verificasse un «illecito» da parte del
Torino. Facendo lo stesso ragionamento
sarebbe necessario condannare una persona che è riuscita a sventare un furto
che era organizzato in casa sua perché la legge già vieta di
rubare e quindi non serve fare niente di più.
«Normalizzazione illecita», Punto 5.1 - E’, nella decisione della
Commissione, per necessità, vista l’assenza di elementi probatori rilevanti, il punto cardine di tutta la sentenza. Infatti la decisione
si basa sul concetto che considera «illecito» il tentativo di
«normalizzare le prestazioni sportive della squadra del Venezia», in
ciò starebbe, secondo il Collegio Giudicante l’alterazione del
risultato. Il passaggio successivo (quello che condanna il Genoa) è
invece una deduzione della C.D. che autonomamente (senza riscontri di alcun
genere) equipara la «normalizzazione» della prestazione
sportiva all’assicurazione dell’esito della gara a vantaggio del Genoa.
Il che è illogico e arbitrario (un vero e proprio salto logico). E che
la giustizia sportiva (quanto meno nei suoi più alti gradi) si aspetti
proprio la normalità della prestazione sportiva è testimoniato dalla
decisione del Coni - Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport -
arbitro unico Prof. Avv. Pierluigi Ronzani - Decisione pubblicata sul sito web:
www.coni.it - Lodo arbitrale del 2/3/2004 tra
a.c. pro ebolitana e Federazione Italiana Giuoco Calcio che espressamente
prende posizione sul premio a vincere: «quanto alla doglianza di parte attrice
secondo cui il fatto non costituisce illecito sportivo poiché il cosiddetto
“premio a vincere” non sarebbe idoneo ad alterare il risultato della gara (pag.
19 - 21 dell’istanza), l’arbitro unico deve evidenziare che tale tesi difetta
persino dei caratteri di serietà che devono pur fondare il ricorso alla
presente giurisdizione arbitrale. E’ infatti evidente come il “premio a
vincere” sia una forma di corruzione della competizione del tutto analoga - per
disvalore etico e per pericolosità concreta - a fattispecie nelle quali invece
si offre denaro per disincentivare la prestazione sportiva del singolo. La
dazione di denaro o di altra utilità allo scopo di incrementare la prestazione
sportiva rispetto alla normalità rappresenta infatti una condotta del tutto
omologa, sia sotto il profilo ontologico che sottoquello effettuale e concreto,
alla dazione volta allo scopo di inficiare la normalità della prestazione
sportiva. La condotta corruttiva, in tale ipotesi, si differenzia solo per il
suo segno
algebrico, ma dal punto di vista giuridico deve ritenersi di uguale
natura e di uguale pericolosità sociale, proprio per la intrinseca
capacità di alterare l’esito della competizione che almeno
potenzialmente e ciò basta? Sarebbe diverso ove gli sportivi non siano
minimamente influenzati dalla illecita incentivazione o
disincentivazione economica». La normalità della prestazione sportiva è quindi
conforme ai principi di lealtà sportiva e non la particolare intensità
agonistica conseguita attraverso varie forme di
incentivazione. L’alterazione della normalità della prestazione
sportiva costituisce un illecito, secondo la decisione del Coni. La
Commissione, invece, per giustificare la sentenza ha dovuto mostrarsi di
tutt’altro avviso: secondo i Giudici «normalizzare» la prestazione del Venezia,
evitando che fosse «alterata» dalla dazione di un premio «a vincere», significa
alterare artificiosamente ed anticipatamente il risultato ed autonomamente,
senza alcun riscontro oggettivo a conforto di tale ragionamento, equipara tale
azione di
«normalizzazione» all’assicurazione di un risultato a favore del
Genoa (cosa di cui mai si parla in alcuna intercettazione telefonica o
ambientale, ne prima, ne dopo la partita).
«Giocatori coinvolti» - La Commissione ha assolto Borgobello, quindi la partita
è stata aggiustata con la partecipazione del solo Leysal.
In effetti coinvolgere il portiere della squadra che «doveva perdere»
poteva essere una scelta intelligente. Peccato che Leysal abbia giocato una
partita strepitosa e abbia parato anche l’«impossibile». Viene,comunque,
squalificato per «illecito sportivo» in quanto, secondo la Commissione,
«colpevole» di essere stato sostituito dopo
l’intervallo. Veramente paradossale ed assurdo che allora non siano
stati coinvolti per «illecito», l’Allenatore del Venezia Manzo (che
avrà pure deciso la sostituzione o comunque avrebbe dovuto essere a
conoscenza delle motivazioni del «cambio» e quindi imputabile almeno di «omessa
denuncia»), il Medico del Venezia che avrebbe dovuto accertarsi dell’infortunio
subito dal portiere, il dirigente
accompagnatore del Venezia che avrebbe dovuto sapere tutto riguardo a quanto
accaduto. No, viene deferito e squalificato il solo Leysal e per di più per
«illecito» perché, secondo la Procura Federale (testuale) «la sua uscita
anticipata dal campo aveva diminuito il potenziale del Venezia, alterando il
naturale svolgimento della gara e del risultato, anche in considerazione della
conseguente necessità di un impiego di un calciatore inesperto e fuori
allenamento a causa di impegni scolastici» ( riguardo quest’ultima frase credo
che ogni commento sia superfluo). Leysal, quindi, non ha partecipato alla
ipotizzata combine, in quanto se ne fosse stato partecipe non avrebbe compiuto
interventi prodigiosi nel corso della partita e avrebbe voluto giocare anche il
secondo tempo, in modo da poter influire realmente sul risultato finale. Invece
no, secondo la C. D., non volendo giocare il secondo tempo si è reso
responsabile di «illecito». Ipotizziamo,anche se non è vero, che abbia voluto
uscire pur non essendo infortunato. Se questo è sufficiente per accusarlo di
«illecito», allora, tanto per fare alcuni esempi, dovrebbero essere
immediatamente deferiti, sempre per «illecito», avendo avuto lo stesso tipo di
comportamento innumerevoli società (con relativi dirigenti, allenatori e
giocatori) per le formazioni messe in campo nelle ultime partite dei
campionati. Solo per fare un esempio, rimanendo nello stesso «ambito» del
campionato di serie B, Albinoleffe e Treviso che nelle ultime partite contro
Torino e Perugia hanno schierato deliberatamente alcuni ragazzi giovanissimi
per «farli esordire e fargli fare esperienza» (parole di Gustinetti nel dopo
partita di Torino-Albinoleffe), non facendo giocare i titolari, così
«diminuendo il potenziale e alterando il naturale svolgimento delle gare e dei
risultati... (vedi sopra quanto indicato nella relazione della procura). Quindi
risulta in definitiva che il risultato è stato «aggiustato» ma senza la
partecipazione di giocatori del Venezia. Ogni commento su tale situazione è
superfluo e nessuna giustificazione a questa
«particolare» situazione troviamo nella sentenza. E’ e rimarrà
l’unico caso al mondo di una combine nell’ambito calcistico realizzata da due
società e punita perché si è «concretizzata», senza il coinvolgimento di
giocatori. E’ stata forse una partita di play
station? La verità è che il Procuratore Federale e prima ancora
l’Ufficio Indagini non hanno avuto la possibilità non di dimostrare,
ma anche solo di ipotizzare in maniera «fantasiosa» ed inveritiera
(come hanno tentato con Leysal e Borgobello, che infatti è stato poi
prosciolto dall’accusa di illecito dalla C.D.), la partecipazione alla
«presunta combine» di giocatori del Venezia, non essendo riusciti a
«racimolare» nulla, ma proprio nulla che anche dopo «elaborazione»
(es. trascrizioni non fedeli delle registrazioni, ecc.) ed
elucubrazioni varie potesse essere utile al loro scopo. Peraltro questo
nonostante i procuratori genovesi Lari ed Arena abbiano disseminato il Novotel,dove
ha soggiornato il Venezia il giorno prima della partita con il Genoa, oltre che
uffici, auto, ecc. di «cimici», abbiano messo sotto controllo decine di
cellulari ed abbiano anche fatto uso
addirittura di «rilevatori satellitari» ed impiego di tutto il corpo
della Polizia Giudiziaria di Genova per più di un mese; solo da qui
dovrebbe essere evidente come non vi fossero «accordi», perché in
caso contrario è evidente che, per esempio, i giocatori del Venezia
avrebbero parlato di questa situazione nelle stanze dell’hotel e tali
conversazioni sarebbero state registrate.
«I famosi 250.000 euro» - Quando, nel capo 5.2, la Commissione tratta dei 250.000
euro, non accenna minimamente al fatto che, nello stesso involucro contenente
il danaro, fosse presente pure una copia del contratto per la cessione del
giocatore, come viene indicato
correttamente nell’atto di «deferimento» (vedi punto 1). Dato che il
ragionamento del giudice deve essere logico la Commissione avrebbe dovuto
motivare in ordine alla sua mancata adesione al ragionamento più immediato che
viene da fare, quando si trovano dei quattrini insieme ad un contratto di
compravendita: fino a prova contraria, i quattrini servono per comprare ciò che
è previsto nel contratto. La C.D. ha anche sostenuto che i 250mila euro non
potevano essere per l’acquisto di Maldonado perché di lui nelle intercettazioni
si è parlato esplicitamente solo dopo il sequestro dei soldi, mentre a parere
della Commissione l’importo era chiaramente per la combine della quale, però,
non si è invece addirittura mai parlato né prima né dopo la partita, nonostante
si fossero disseminate microspie ovunque e messi sotto controllo decine di
cellulari. Inoltre la Commissione non fornisce alcuna motivazione che nella sua
ipotesi possa giustificare la presenza del contratto di acquisto di Maldonado
nella busta insieme ai contanti al momento del sequestro dei Carabinieri
sull’auto di Pagliara. Non è certo possibile, ovviamente, credere che sia stato
fatto «artificiosamente» pensando che potessero essere sequestrati e quindi
aver pronta una «giustificazione». E quindi? E’ solo uno delle tante
contraddizioni ed illogicità della ricostruzione dei fatti della C.D.. Ma la
cosa ancora più rilevante è che questi contanti sono stati regolarmente
prelevati dalla cassa del Genoa e regolarmente contabilizzati nei libri
contabili della società. Solo un folle o un cretino, cosa che Preziosi
certamente non è, potrebbe pagare un illecito con soldi «ufficiali», in prima
persona, nella propria sede.
«Intercettazioni telefoniche ed ambientali» - Tralascio, per brevità, tutte le
motivazioni, tra cui la palese violazione delle norme sulla «privacy», per cui
sono sicuramente «inutilizzabili» (l’ordinamento sportivo prevede che per
essere «usate» debbano essere acquisite in modo «legale» ed in questo caso ciò
non è accaduto) ed il fatto che siano state fornite dalla Procura di Genova
solo trascrizioni a volte parziali (riassunti), comunque sempre non giurate e
non verificate e non messe a disposizione le «bobine» originali delle
conversazioni. La Procura ha «insistito» su alcune conversazioni o meglio su
alcuni spezzoni di conversazioni, tralasciando tutte le altre, così da fornire
una versione totalmente sbilanciata a suo favore. In realtà, è la visione
completa del fascicolo che smentisce tale interpretazione che non risulta ne
logica, ne temporalmente possibile, contrariamente a quanto accade per la versione
puntualmente proposta dagli Avv.ti Coppi e Biondi. Il problema è che nella
sentenza non si rinviene neppure una riga a confutazione delle tesi difensive,
cosa che evidenzia il comportamento non corretto della Commissione. Procedendo
più in breve (tutti punti che potrebbero essere facilmente sviluppati mettendo
ulteriormente in evidenza come questa sentenza di «esemplare» non abbia proprio
nulla), la Commissione Disciplinare della Federazione:
-
non
ha approfondito la posizione del Torino e chiarito quale sia stato il ruolo
della Società granata e di Gallo nell’intera vicenda definendolo «irrilevante»,
quando è evidente, per stessa ammissione della Commissione come sia stato
fondamentale. Tale decisione è in contrasto con un concetto basilare di tutti i
procedimenti e cioè che un Giudice non può rinunciare ad accertare una cosa
favorevole all’imputato. Inoltre in questo modo la C.D. disattende
completamente il comma 10 dell’ art. 37 C.G.S.: «Se emergono altre
responsabilità o fatti nuovi, o se risulta che il fatto è diverso, la C.D.
rimette senza indugio gli atti all’Ufficio Indagini sospendendo, se necessario,
il giudizio in corso»
- ha
eliminato tutti i testimoni richiesti dalla difesa senza alcuna motivazione a
sostegno (sei righe in totale); - ha indicato Pagliara come teste «con
attendibilità zero» senza che
venga fornita alcuna giustificazione a tale affermazione;
- ha deciso su documentazione non autentica ed in parte
«sbanchettata»;
- non ha considerato vero quanto dichiarato da Leysal nel dibattimento;
- non ha neanche concesso l’intervento di interprete richiesto da
Leysal;
- emesso la sentenza il 27/07 ma nella prima versione, identica alla successiva,
la data indicata è il 25/07 con le date delle riunioni della C.D. che si
fermano al 25/07 (sentenza già scritta da tempo?)
- ha stabilito comunque sanzioni abnormi (addirittura superiori a quelle
richieste dalla Procura federale)
- è arrivata ad indicare che Leysal ha fatto riferimento ad «un
vecchio accordo tra le società», obiettivamente ipotizzare che il
Genoa, per esempio a 10 giornate dalla fine con 10 punti di vantaggio, pensasse
ad accordarsi con il Venezia per «acquistare» la vittoria dell’ultima di
campionato, rasenti la «pura follia».
E
così si potrebbe ancora continuare per molti altri «passaggi»
presenti nella sentenza. Strano e comunque «sospetto» (come disse
Andreotti «a pensar male molte volte ci si azzecca») anche il fatto
che sia stata vietata la ripresa televisiva, consentita, invece, lo
scorso anno nella vicenda scommesse che ha implicato Bettarini, il
Modena, ecc,. Questa è la sentenza «esemplare», «equa» e «senza
ombre» che secondo il mondo giornalistico ha «giustamente»
retrocesso il Genoa all’ultimo posto del Campionato di Serie B, che
invece aveva vinto, con la penalizzazione di ulteriori tre punti da
scontare nel prossimo.
In tale situazione deve anche essere ricordata com’è nata l’indagine e come si
sono «impegnati» nell’ inchiesta i Procuratori di Genova (la Procura della
Repubblica della stessa città della squadra... anche
questo un qualcosa che rimarrà «unico»). Infatti l’indagine per un
reato non grave come la «frode sportiva» è stata svolta con la
«massima urgenza», tralasciando, invece, altre indagini molto più
urgenti e più importanti dal punto di vista della sicurezza dei
cittadini (quante sono le inchieste aperte sotto questo aspetto), degli
interessi economici di società e privati (vedi ad esempio il
fallimento della «Festival»), ecc.. Per questa indagine sono stati
impiegati mezzi, tempo e uomini non certo adeguati e commisurati alla tipologia
del reato in questione. A titolo indicativo è possibile
indicare (sicuramente tralasciandone altri): le centinaia di
intercettazioni ambientali, persino nelle stanze del Novotel dove ha
alloggiato il Venezia, oltre che nei vari uffici del Genoa e della
Giochi Preziosi, in numerose autovetture e chissà in quanti altri
posti che non sono emersi solo perché non sono stati in alcun modo
utili all’«indagine», le decine e decine di apparecchi telefonici
fissi e mobili messi sotto registrazione, l’impiego addirittura, di
rilevatori satellitari (Gps), le «missioni urgenti» dei magistrati
con relativo «seguito» di collaboratori a Venezia e Piacenza,
priorità assoluta di tutta l’attività dei due Procuratori e anche del
Procuratore Capo a questa inchiesta, addirittura la presenza dello
stesso procuratore Lari in tribuna la sera della partita con
l’intenzione, così è stato detto, di «intervenire direttamente
interrompendo la partita», il totale impegno dell’intero corpo di
Polizia Giudiziaria della Procura genovese. Sarebbe interessante
conoscere a quanto ammontino le ingenti risorse finanziarie che sono
state impiegate per questa inchiesta, neanche per un’organizzazione
mafiosa o terroristica si arriva di norma a tanto. Sono stati
volutamente e forzatamente ipotizzati dei reati gravissimi come
l’«Associazione a delinquere», senza alcun presupposto logico, si è
continuamente e ripetutamente violata la legge sulla «privacy» ed il
segreto istruttorio ed investigativo, sono state effettuate
intercettazioni su persone non indagate e su altre quando non erano
anche iscritte al registro degli indagati, sono state fatte trapelare
ai giornalisti false notizie (esempio telefonata di Preziosi dopo il
goal del Venezia in realtà mai accaduta) in modo che venisse montata una
campagna stampa «colpevolista» ed una vera e propria «gogna mediatica», sono
state travisate intercettazioni (esempio frasi
attribuite a Borgobello quando non era neanche in camera a quell’ora), è stato
indicato alla stampa in maniera certa il tentativo dei dirigenti genoani di
«comprare» le ultime 7 partite (oltre a
Genoa-Venezia delle altre chi più ha sentito dire qualcosa?) ecc.,
ecc.. Nonostante l’inchiesta non possa, ancora adesso, certo ritenersi
conclusa e per il momento non si sia arrivati a nulla di concreto,
tant’è che non è indagato alcun giocatore del Venezia, la procura
Genovese comunque ha ritenuto possibile e che fosse «opportuno»
trasmettere immediatamente e con grande velocità all’Ufficio Indagini della
Federcalcio della documentazione (solo una parte... forse quella più «utile»?)
che, a detta dei legali del Genoa, ma anche di esperti super partes, è stata
raccolta in maniera «discutibile» e comunque materiale definito «impreciso,
farraginoso, inesatto» e anche dello stesso Ufficio Indagine «confuso ed
approssimativo». Basta ricordare che le trascrizioni delle intercettazioni non
sono «giurate» e, comunque, non sono precise, sono stati rilevati errori e
molte volte sono riportati solo dei «riassunti» e comunque non sono
verificabili perché non sono state fornite le «bobine» originali. Inoltre tale documentazione
è totalmente «di parte»; non è mai stata analizzata ne dalla controparte (gli
«accusati»), n è stata vagliata e
tantomeno approvata da un «Giudice». Nonostante tutto ciò, la
Procura genovese ha fornito tale documentazione all’Ufficio Indagini e da quel
momento, l’indagine sul Genoa non ha più avuto nessuna rilevanza, mentre prima
sembrava che fosse la sola su cui lavorare. Dal giorno della consegna non
abbiamo più sentito alcuna notizia dai magistrati. Anzi una l’abbiamo avuta, i
giornali ci hanno fatto sapere che Lari è andato in vacanza (strano visto che
il «periodo feriale» nei Tribunali, con totale sospensione di ogni attività, è
fissato dal 1° agosto al 15 Settembre). Certo che tra il comportamento del Tribunale
di Livorno che quando si è imbattuto, svolgendo un’altra inchiesta, in
registrazioni compromettenti per 5 arbitri e forse anche per squadre di serie
A, ha tenuto queste registrazioni completamente «segrete» e solo dopo 3 anni, a
chiusura definitiva dell’inchiesta principale, ha trasmesso questo materiale
alla Procura di Roma (a proposito che fine ha fatto l’indagine?) e non alla
Federcalcio, ed il comportamento del Tribunale di Genova le differenza sono
evidenti. Per non parlare del Tribunale di Torino che ha respinto la richiesta dell’Ufficio
Indagini di ricevere la documentazione relativa all’inchiesta sul Torino, sulle
ultime due partite, sul Presidente del Venezia Gallo, sulla fidejussione falsa,
ecc.. Altro aspetto molto rilevante: è stato detto che partendo dalle carte di
credito clonate, si sono imbattuti in un «giro» di calcio scommesse, in cui
vengono chiamate in causa 13 società di serie B e alcune di serie A. Però nessuno
ha mai spiegato o nessun giornale si è interrogato sul motivo che ha fatto sì
che solo nel caso del Genoa siano stati usati tutti i mezzi di indagine
possibili ad anche quelli «impossibili», come indicato sopra, mentre per le
altre squadre non sia stato fatto assolutamente nulla. Altro interrogativo:
quando è stata aperta l’indagine sulla dirigenza del Genoa? Quando è
«scoppiato» il caso, ci hanno detto che erano solo pochi giorni che era
iniziata l’indagine, ma poi è emerso dalla stampa che il numero di pratica
assegnato a questa inchiesta evidenzia come il fascicolo fosse invece già
aperto nel 2004 (controlli durati ben 7 mesi!). Le «stranezze» emerse sono ancora
molte altre, ma probabilmente quando indicato è già sufficiente per apparire
«particolare» quanto accaduto.
Davanti a tale situazione, ulteriormente aggravata da quanto emerso
negli ultimi giorni: le dichiarazioni del prof. Franchini su «vicende
extracalcisticheche hanno pesato» nella vicenda; la ipotizzata
presenza dei Procuratori federali in Camera di Consiglio del Collegio Giudicante;
le rassicurazioni dei vertici Federali al Napoli (oltre che dallo stesso
Carraro al Sindaco Jervolino) sulla decisione
sanzionatoria della Caf in merito al Genoa che non sarà di molto
diversa da quella della C.D. (articolo di Antonio Corbo del 30/08
apparso su Repubblica edizione di Napoli). Sembra proprio che tutto sia già
stato scritto e deciso fin dall’inizio.
Il «Popolo Genoano» in nome del suo orgoglio è disposto anche ad
accettare una sentenza pesantemente negativa, come è stata
indiscutibilmente quella della C.D., sempre che, però, la decisione
sia la logica conclusione di un processo condotto in maniera corretta e trasparente,
con prove «provate» e «vere», che permetta alla difesa
di svolgere il suo ruolo senza alcun condizionamento, di esporre le
proprie argomentazioni e far ascoltare i propri testimoni, come in ogni Giudizio
svolto in un paese civile e non nella Repubblica di Bananas, con i tempi dovuti
e necessari. In caso contrario la fierezza e la Storia di un Popolo orgoglioso,
anche a tutela di una «Fede Unica», non potranno mai accettare giudizi svolti
nel più breve tempo possibile con il solo unico scopo di arrivare alla
decisione di
condanna, già presa a priori dal «Palazzo», prima di stilare i nuovi
calendari e, quindi, non potrà che ribellarsi, speriamo nei modi
civili che gli sono sempre stati propri, a tale sopruso.