Mama's Grifo

di Francesco Bollorino

   

 

Di precedenti storici  illustri ce ne sono un sacco: giusto per fare un esempio, ne era certamente   affetto Enrico VII d’Inghilterra.

Sua madre, Margaret Beaufort, ebbe un’enorme influenza politica e privata  durante il suo regno.

Ma senza bisogno di ritornare alla Guerra delle Rose e ai guai di Casa Tudor, credo che semplicemente guardandoci in giro, nel nostro quotidiano, d’esempi ne troviamo a bizzeffe: è una tipologia caratteriale molto diffusa, infatti,  quella del “figlio di mamma”.

Me l’ha fatta venire in mente Serse Cosmi con le sue parole, solo apparentemente sotto forma di battuta,  dopo l’ennesima brutta figura della nostra corazzata in quel di Perugia.

Serse non è soltanto una persona simpatica è anche quel che deve essere un bravo tecnico quale egli è: un attento psicologo, dote, bagaglio indispensabile per la gestione di un gruppo, di uno spogliatoio di una squadra di calcio.

Credo abbia colto nel segno…..

In cosa consiste la “mama’s boy syndrome”?

In una profonda dipendenza dalla figura materna da cui non ci si sa distaccare e dalla tendenza nella vita a fallire sempre gli obiettivi importanti, schiacciati come si è dal peso delle aspettative che “la mamma” ha messo in noi.

Non vi sembra la fotografia del Vecchio Balordo come saggiamente e preoccupantemente   l’ha colta Cosmi?

Più che “femmina” appare, infatti, una squadra “immatura” (e per questo tipo di immaturità non conta l’anagrafe) incapace di esprimersi agli stessi livelli lontano da casa.. lontano dalla… mamma, come ha detto acutamente Serse, con un misto di supponenza e impotenza, che non ha fatto saltare i nervi al solo allenatore rossoblu.

Ma se questa è la diagnosi giusta, in cosa consiste la cura?

E soprattutto chi è questa “mamma” invadente e fondamentalmente castratoria?

Beh, la cura è essenzialmente psicologica e consiste nel far crescere il gruppo renderlo conscio dei suoi mezzi che non saranno onnipotenti ma abbondantemente sufficienti da consentirgli di raggiungere risultati alla sua portata senza arrendersi di fronte agli ostacoli e senza autolesionisticamente fallire obiettivi possibili, con dei  cali di tensione che sono figli più della testa “altrove”   che delle gambe molli.

Io credo che Cosmi possa e sappia lavorare su questi aspetti ma, c’è un ma….: essenziale per la guarigione è l’emancipazione dalla figura materna opprimente, emancipazione più psicologica che fisica e qui, secondo me,  cominciano i guai.

E sì, perché la mamma non è Marassi ma siamo noi tifosi  che proiettiamo sulla squadra non solo il nostro entusiasmo ma anche e soprattutto le nostre speranze, le nostre aspettative, le nostre frustrazioni di tanti, troppi anni di sofferenza, il nostro “unico in Italia” atteggiamento maniaco-depressivo per il quale basta  un successo per essere il Real Madrid e basta una batosta per rischiare la serie C di botto.

Ma il Genoa non sarebbe il Genoa senza i suoi tifosi e allora dico  e mi dico che per il bene comune e per raggiungere l’obiettivo che tutti agogniamo forse occorre che, accanto alla psicoterapia di gruppo del buon Serse in quel di Pegli, anche noi tifosi ci diamo, da qui in avanti, una robusta e definitiva regolata .

 

(da Repubblica del 6 ottobre 2004)