Chi troppo vuole...

Lettera aperta al Sig. Aldo Grasso, e per conoscenza a tutti i moralisti dell'ultima ora.

Gentilissimo Dr. Grasso,

leggendo il suo fondo di oggi sul corsera - ed altri di ugual tenore qua e là - ho avuto molte difficoltà ad arrivare in fondo, tanta era la rabbia che montava. Il mio ruolo di Druido mi vorrebbe guerriero, ma anche in considerazione del fatto che in passato tanto abbiamo apprezzato alcuni suoi pezzi da pubblicarli sul nostro sito, cercherò di essere con lei il più conciliante possibile nella mia replica ai suoi scritti.

La vicenda Genoa, dunque; partiamo dal principio, come si conviene, e diamo per scontato - ammesso e non concesso -  che la leggerezza di Preziosi fosse meritevole di una punizione; diamo anche per scontato che questa leggerezza sia venuta alla luce - contrariamente ad altre leggerezze che numerose ricorrono nel finale di qualsiasi campionato - per pura sfiga, perchè (ennesima excusatio non petita di questa sporca vicenda) il buon Pagliara è incorso "casualmente" in un controllo antidroga, e altrettanto casualmente alcune cimici, poste là per inchiesta diversa, abbiano rivelato l'inciucio. Orbene, la logica dice che la punizione per detti fatti, commessi da una società che con la sua squadra ha dominato largamente il campionato e - ricordiamolo bene - non vincendo quella gara sarebbe comunque approdata ai play off da favorita - dovesse essere al massimo la revoca della promozione, e sarebbe già stata una sanzione durissima. Se poi si fosse tenuta in considerazione come attenuante la "provocazione" del reato commesso dal Torino pagando il Venezia - confesso tra l'altro, quindi altrettanto "conclamato", per usare parole sue, del reato al Genoa attribuito -  la pena avrebbe dovuto essere anche inferiore, magari una forte penalizzazione in serie A. Le garantisco che questo tipo di sentenze avrebbero causato sì forte scontento nella tifoseria, ma sicuramente, al di là dei ricorsi, avrebbero portato a una cristiana rassegnazione e forse a un atteggiamento più critico, magari con Cosmi, magari con Preziosi, come lei, e non solo lei tra i giornalisti, auspicherebbe.

La sentenza che ne è scaturita invece - spropositata e senza alcun precedente pur in un'ampia casistica - e soprattutto la tempistica e le modalità del processo (bigliettini, rimorsi e quant'altro), hanno chiaramente dimostrato quel che il tutto era diventato nel frattempo, semprechè non lo fosse stato fin dall'inizio: una autentica caccia all'uomo Preziosi, ben lungi quindi dall'essere un giusto processo per un presunto illecito.

In quest'ottica la pregherei di valutare più serenamente di quanto ha fatto le reazioni della tifoseria e l'intervento del magistrato genovese.

Per quanto riguarda la tifoseria vorrei ricordarle che si tratta di una tra le tifoserie più civili d'Italia, dedita da sempre a opere di beneficenza, e che, pur negli anni vessata da un'enorme serie di accidenti di vario genere, ha sempre saputo dare prova di grande attaccamento ai colori e di grande sportività, fino al supremo gesto di retrocedere in C, per demerito sportivo, con le bandiere ai balconi. Le manifestazioni avvenute a Genova in questi ultimi giorni sono sempre state molto partecipate e civili, con donne, passeggini e anziani in piazza; solo l'ultima, che voi definite con grande leggerezza devastazione, ha superato i limiti del lecito. Le concedo, a scusante del suo aspro commento, di non essere a conoscenza delle parole del prefetto di Genova ("sono stati atti di infiltrati non ascrivibili alla tifoseria organizzata", e "ho riscontrato grande collaborazione") e della pronta ennesima colletta messa in piedi dalla stessa tifoseria per ripagare i danni causati; sono certo che, stante l'onestà intellettuale che le riconosco, non mancherà di sottolineare nei suoi prossimi pezzi questi fatti.

Attribuire poi a queste manifestazioni l'intervento del magistrato è, oltrechè falso per la tempistica, offensivo per la magistratura stessa. Lei infatti parla di intervento di giudici di parte, sensibili - parole sue - alle ragioni del campanile. Vorrei farle notare come il campanile sotto al quale tutto ha avuto inizio è esattamente lo stesso; e poi vorrei farle notare come, in questo caso, si tratti di un giudice super partes anche calcisticamente, non essendone notorie simpatie di bandiera (contrariamente alla grande compromissione calcistica che accompagna il primus movens della vicenda), e come, correttamente, giudici sportivi di chiara fama genoana, abbiano rinunciato a partecipare al collegio giudicante della FIGC. Non scendo quindi sul suo terreno parlando di giudici sampdoriani e genoani (cosa che rivolterebbe le budella di qualunque Italiano). Molto semplicemente questo giudice ha rilevato tante e tali inesattezze nel giudizio sommario offerto dalla FIGC che ha ritenuto logico intervenire per fare vera giustizia. Perchè se è vero che la Federazione ha la sua autonomia di giudizio, è altrettanto vero che oltre un certo limite non si può andare. Mi spiego meglio, perchè ci possano capire tutti: io in un locale pubblico non posso fumare, ma in casa mia posso fare ciò che voglio, con sigarette, pipe o sigari. E nessun giudice potrà per ora impedirmelo. Però non posso commettere un furto o un omicidio, nemmeno in casa mia.

Per tutto ciò quindi forse l'intervento del magistrato non porterà alla giustizia assoluta, ma sicuramente potrà impedire un ingiustizia ben più grande. E se io fossi in lei, anzichè difenderlo, attaccherei chi, per tre anni consecutivi, non è riuscito a far funzionare correttamente la macchina che pilota, andando incontro a magre figure e esponendo valutazioni palesemente frutto di pesi e misure differenti a seconda degli interlocutori, senza sorvolare sui conflitti di interessi che quest'uomo porta scritti in fronte. Perchè proprio Carraro, e con lui la Federazione, sono i principali artefici di ciò di cui lei si lamenta: perchè chi troppo vuole, nulla stringe.

Cordialmente                            

Liaigh