L'Eccezione

di Cecco Angiolieri

 

Quei pochissimi lettori che mi seguono (e che si dimezzano quando la mia mamma deve andare a Salsomaggiore per le cure termali) sanno quanto io sia ferocemente pessimista, e assolutamente ipercritico nei confronti delle persone e- più spesso negli ultimi cinquant’anni – dei personaggi che nel bene (poco) e nel male (molto) hanno retto le sorti del glorioso Grifo in questo ormai lungo dopoguerra .

In tutta la mia ormai non breve vita nei confronti non solo del Grifone ma del destino e dell’esistenza in generale ho sempre accuratamente evitato gli alibi, anche le volte che – forse – le scusanti c’erano davvero

Nel calcio il mio pregiudizio classico – razionalista forgiato nel ferreo e quasi impietoso principio “Faber est quisque fortunae suae” mi ha sempre impedito nei progetti a medio – lungo termine di considerare elementi diversi dal merito o dal demerito di chi quei progetti ideava ed attuava: non ho mai potuto sopportare che qualcosa contraddicesse il sacrale principio che ciascuno è artefice del suo destino, e che fortuna, sfortuna, o altri fattori possano sostanzialmente mutare il risultato finale di un campionato, o ancora a maggior ragione di un ciclo di campionati.

E tale mia inamovibile convinzione è tanto più tenacemente radicata, quanto più l’impietosa e crudele esperienza mi ha insegnato che tanta più un comportamento è sciagurato ed abbietto, tanto più convincenti, maliziose e acute sono le giustificazioni addotte a lenire le ferite che lo scellerato di turno ti infligge.

E perchè questa regola diventasse ancor più certa, raggiungendo l’incontrovertibilità, mancava una sola cosa: l’eccezione.

L’ho scoperta oggi, leggendo i principali giornali cittadini che, tralasciato ogni freno inibitorio, e superando ogni limite dettato, non si pretende dal buon senso, ma almeno da una formale decenza, (quella sostanziale è richiesta troppo esigente) si sbizzarrivano in un tanto sfrenato quanto deleterio toto-allenatore, con fotografie e descrizione di tutti i pababili allenatori, per poi avere l’incommensurabile faccia tosta di concludere, con una ipocrisia degna di miglior causa, che tutta la gazzarra di nomi e candidati alla panchina del Genoa era una vera indegnità, come se a farla fossero altri...

A fonte di questa incredibile ridda di voci, che se non sono state tout court inventate dalla stampa, certamente sono state da questa indebitamente amplificate, senza uno straccio di verifica e un minimo di rispetto per squadra e tifosi (che devono essere informati, con notizie con un minimo di attendibilità e serietà) la società ha proclamato il silenzio stampa: cosa buona e giusta, con il solo difetto di essere intempestiva, nel senso che doveva essere presa almeno due o tre settimane prima.

E mentre io sto scrivendo queste piccole note – potete esserne certi e sicuri – gli scribacchini freneticamente picchieranno sulla tastiera, lamentandosi che non è certo colpa loro se le voci girano, e che loro sacro e inviolabile dovere è informare la gente, tipica funzione del latore di verità, la più ingrata virtù, che porta sventura e pianto per l’eroe che la pratica.

E dopo essere stati presi per i fondelli con mille finte notizie, essere stati costretti a vedere la squadra danneggiata da questa assurda e confusa babele di oracoli, ci toccherà sorbirci anche questa ridicola sceneggiata della libertà di stampa messa in pericolo dai loschi interessi del grande fratello di turno che vuole normalizzare l’informazione.

Perché se questa è stampa, se questa per i figli di Biscardi è libertà, incomincerei davvero a rivalutare il vecchio, buono e sano autoritarismo: almeno contro quello è più facile ribellarsi.

 

Cecco Angiolieri