Crudo, troffie e branzino

Enrico si sta dimostrando un grande Presidente. Fatto tesoro delle musse del passato, ha cambiato profilo: si è fatto un po' da parte, ha finalmente inquadrato l'ambiente genovese (e l'ambiente genovese ha inquadrato lui), ha ri-avviato "il progetto", con tanti progettini collaterali, che mira a portarci in alto al più presto.

Giampiero si sta dimostrando grande allenatore: ha vinto un campionato di serie B stellare, e ci ha messo tanto del suo al punto che in molti erano fino all'ultimo scettici davanti ad una squadra che non aveva nomi ma semplicemente "giocava bene". Come tutti i grandi allenatori, deve anche dimostrare di avere il bastone del comando; e così, a fronte di un aspetto da bravo ragazzo, sempre pacato nelle interviste, sempre disponibile al dialogo, con tutta probabilità riesce ad essere un condottiero di ferro nel chiuso dello spogliatoio, con quel tantino di prosopopea e permalosità che, diciamolo, a volte non guasta. Ma a volte sì. Ne ha fatto le spese recentemente De Rosa, che, dopo una dichiarazione televisiva lievemente polemica nei suoi confronti, si è ritrovato nelle ultime partite in tribuna; anche oggi, che un difensore forte di testa in panca - c'era il solo Bega - avrebbe consentito di raccogliere la strameritata vittoria.

Vincenzo ha dimostrato, in diciotto anni, di essere una brava persona ed un genoano: non si è mai allontanato dalla maglia, nemmeno quando, per esempio al Napoli, avrebbe guadagnato molto di più; ha pensato, da bravo e ingenuo ragazzo, che la stretta di mano di Scerni avesse lo stesso valore di quella di Spinelli, e si è trovato così col sogno del record da chiudere per sempre nel cassetto; da allenatore delle giovanili ha risposto presente quando una dirigenza di siacqualattughe lo ha mandato allo sbaraglio ad allenare una squadra che aveva tanto futuro da indurre uno scafato come Onofri a filarsela; all'avvento di Enrico l'ha implorato di fare piazza pulita di tutto l'ambiente (lui compreso) e ripartire da zero, per il bene del Genoa; da allenatore della primavera, con la fiducia di Enrico, ha vinto un Viareggio, ne avrebbe vinto un altro senza Moggi, e ha portato una formazione rossoblu, per la prima volta dopo anni, ad una finale nazionale di campionato.

Che senso hanno questi tre brevi ed essenziali ritratti, in un pezzo intitolato come un menù? Anche i gatti delle erbe ormai lo sanno: Vincenzo, vaso di coccio, è entrato in rotta di collisione col vaso di ferro Giampiero. C'è chi dice perchè Giampiero, da padre, ha mal tollerato i rifiuti agli inviti pressanti a far giocare il figliolo da titolare; c'è chi dice che se la sarebbe presa per spifferi (veri ? valsi ? non ha importanza) che gli sono stati riportati su commenti sul gioco del Genoa. I più maligni hanno anche pensato che la figura di Vincenzo, sempre osannato dalla Gradinata, fosse una presenza troppo ingombrante per un allenatore appena arrivato in società. Fatto sta che Giampiero ha fatto chiaramente capire, fin dal campionato scorso, che la presenza alla testa della Primavera di Vincenzo non s'aveva da fare, e lui si allenava con gli allievi. Risultato, Vincenzo quest'anno è stato relegato a dirigere gli allievi, unica opportunità offerta ad un allenatore che piuttosto che abbandonare questa società e questi colori si taglierebbe un testicolo. E così, metaforicamente, l'ha fatto. Ed è rimasto, dicendo, come sempre, obbedisco. Per quanto potrà restare in questa posizione, ovviamente a queste condizioni senza possibilità di evoluzione ? Per quanto ami, e l'abbia dimostrato, lavorare con i giovani, è difficile farlo sapendo di avere per nemico colui che, ora, è diventato parte integrante di un progetto a lunga gittata, sogno di qualunque genoano che, come me, abbia sempre stravisto per la figura di un Ferguson al Genoa. Per questo il rischio di perdere, prima o poi, Vincenzo è molto alto, perchè, come lo stesso Giampiero sa, chi vince il Viareggio ha comunque offerte.

Io credo che, nel progetto che si vuole costruire, confermare Giampiero sia stato fantastico, ma perdere Vincenzo sarebbe grave: ha dimostrato di saper lavorare con i giovani meglio di chiunque altro, conosce la casa ed è, a detta di chiunque lo conosca, una brava persona (se la mia musa ispiratrice, Beppe Severgnini, non mi avesse sgridato a priori con l'ultimo libro avrei scritto "una bella persona"). A questo punto, che tutti sono tranquilli con i loro contratti in mano, mi parrebbe logico che Enrico li invitasse a tavola, li mettesse davanti ad un piatto di crudo di pesce di quello buono,  e li facesse parlare e spiegarsi tra di loro mentre mangiano le troffie al pesto, perchè il Genoa del futuro ha bisogno di entrambi, come un buon menù di pesce deve finire con un branzino preparato senza troppi intingoli. E che poi un buon pigato faccia pure il resto.

 

Genoa, 04 Novembre 2007

Liaigh