Quello che mai vorrei vedere

di Cecco Angiolieri

 

 

Ci sono cose che non vedi e quando le vedi, ti accorgi che non le avresti mai voluto vedere.

Una di questi é Cozza, sparito dal mio sogno sin dall'inizio della partita e riapparso nei miei incubi al 40' del primo tempo, quando, riconquistata non si sa come una palla che altro non chiedeva se non di essere portata al più presto in avanti, con sapienti finte di corpo e funamboliche giravolte, riusciva a perdere il tempo giusto ed esatto per permettere alla Triestina di tornare indietro e riassestarsi in difesa.

Non ho mai avuto in gran simpatia i giocatori di calcio, per il loro per me insopportabile vezzo di volersi chiamare professionisti, ma trovo addirittura inconcepibile che un giocatore dopo aver preso un ingaggio annuale pari al guadagno di tre generazioni di operai, non solo non renda il dovuto, ma addirittura si lamenti perché l'allenatore non lo fa giocare.

Un'altra delle cose che non sopporto è la triste verità dell’antico detto Genovese “chi no cianse no tetta” (chi non piange non succhia): anche questa volta sembra purtroppo aver funzionato.

E’ così che abbiamo giocato un’intera partita in dieci, e per quanto forti, nel calcio moderno nessuna squadra può regalare un giocatore all’altra.

Ma non è questo che mi addolora e preoccupa di più: quello che meno mi è piaciuto e più mi ha deluso è stato assistere al grandissimo imbarazzo di Cosmi, tanto evidente da sembrare quasi un aperta contestazione, nel rispondere al perché dello schieramento del nostro eroe.

Lunghi silenzi, intercalate da vistose esitazioni, frasi interrotte, riprese e corrette sono lì a suggerire che la scelta non sembra provenire dall’allenatore.

Spesso nella vita si raggiungono gli obbiettivi non perché non si commettono errori, ma perché quelli che si commettono si rivelano poi ininfluenti.

Speriamo che la scelta di far giocare Cozza appartenga a questa a questa categoria di errori.