Clausola compromissoria

    per quali compromessi?  

di Cecco Angiolieri

Posto che occorre guardare sempre ai lati positivi delle cose, e mantenere sempre una forma mentis positiva e costruttiva, si può ben sostenere che i tifosi che hanno patito le traversie del mitico Grifo, non solo hanno vissuto lo straordinario in luogo dell’ordinario, l’eccezione in luogo della regola, ma costituiscono l’unica tifoseria oggi al mondo che ormai possiede una solida cultura giuridica.

Gli altri sanno tutto del fuorigioco ? Noi anche, ma noi in più potremmo dare lezioni ad un avvocato non solo sui rapporti che tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria, ma anche sui conflitti di giurisdizione, o sulla validità della legge 280 in caso di violazione di diritti costituzionalmente protetti e garantiti.

Nei bar dei tifosi di tutte le altre città si discute e ci si accapiglia su un rigore non dato o su un’espulsione più o meno motivata, ma qui da noi no, proprio no, tra un’oliva e l’altra di un negroni si accendono furibonde liti sulla legittimazione passiva o sulla completezza del contraddittorio.

E allora, in questo clima quasi surreale, qualcuno, formalmente digiuno di diritto, ma in realtà ormai più esperto di me, mi chiede di spiegare, con parole non tecniche esattamente cos’è questa famosa violazione della clausola compromissoria.

Ci provo, sperando mi siano perdonate le inevitabili inesattezze: la clausola compromissoria è quell’accordo che tutte le società di calcio hanno firmato al momento di far parte della lega calcio, in forza del quale le stesse, impegnandosi a rispettare le decisioni degli organi disciplinari si impegnano altresì a non ricorrere all’Autorità Giudiziaria, per contestare tali determinazioni.

Di per sè un tale accordo, che prevede il divieto di ricorrere al giudizio ordinario, deferendo le questioni ad arbitri privati (perchè questa è la natura della giustizia sportiva) è molto diffuso e usato in tanti campi della vita, e – sempre in astratto – non è né ingiusta né criticabile, ma è anzi utile e talvolta indispensabile rimedio per evitare alle parti di dover ricorrere alla ben più lenta giustizia ordinaria.

Sono moltissime le associazioni, o altri enti simili, che prevedono una clausola compromissoria, e cioè prevedono espressamente l’obbligo per i propri associati di non ricorrere all’Autorità Giudiziaria ordinaria e deferire tutte le questioni e dispute tra loro eventualmente insorte a degli arbitri, o altri organi interni (come appunto la commissione disciplinare) appositamente istituiti.

Il sistema finora ha sempre funzionato e tutti hanno sempre ritenuto l’esistenza della clausola compromissoria non solo del tutto legittima, ma anche utile e opportuna.

Però la soluzione di vietare il ricorso all’autorità giudiziaria, affidando il giudizio ad organi privati, per rappresentare una soluzione ottimale presuppone tre fondamentali requisiti:

    1) Che l’organo privato che si sostituisce al giudice abbia una forte credibilità e sia composto da membri che agiscono nell’ambito delle finalità proprie del soggetto che li ha istituiti;

    2) Che il processo privato così avviato si svolga in maniera regolare e conformemente allo spirito e alla sostanza delle norme che attraverso tale processo si vogliono tutelare, senza che nell’ambito di tale procedimento si possano attuare prassi o comportamenti vietati dalla legge;

    3) Che la sanzione eventualmente comminata riguardi esclusivamente diritti disponibili del soggetto che la subisce (sarebbe palesemente nulla una decisione arbitrale che irrogasse, ad esempio, un periodo detentivo o delle punizioni corporali)

Se anche una sola di tali condizioni non si verifica, la clausola compromissoria perde validità, e in molti casi deve essere considerata nulla, con conseguente facoltà del soggetto interessato a rivolgersi al Giudice.

Nel caso del Genoa, sorgono poi notevoli e particolari problematiche, legate a circostanze piuttosto insolite - o almeno da considerarsi tali se non si parlasse del Grifo - e precisamente:

1) La ormai famosa (e recente) legge 280/03 prevede esplicitamente che non si possa in nessun caso ricorrere alla giustizia ordinaria, statuendo (per la prima volta) che gli organi di giustizia sportiva, pur essendo soggetti privati, hanno comunque una loro propria giurisdizione che non può essere sindacata all’ordinamento giuridico statuale (tecnicamente si parla di difetto assoluto di giurisdizione): in altre parole le decisione della Caf, per disposizione di legge non possono essere impugnate davanti all’autorità giudiziaria. In tale situazione - sostiene la difesa del Genoa - la clausola compromissoria non ha più ragion d’essere, perchè il divieto di ricorrere alla giustizia ordinaria viene dalla legge stessa, e quindi l’accordo è superato, e con esso le sanzioni che comportava.

      2) Una qualsiasi clausola compromissoria non può valere, e deve essere considerata nulla, ogni volta che vieta il ricorso all’Autorità Giudiziaria quando si tratta di tutelare diritti indisponibili. Sono diritti indisponibili, a cui nessuno può rinunciare, quei diritti fondamentali, previsti dalla Costituzione, che l’ordinamento giudica così importanti che neppure il titolare può rinunciarvi.

Tra questi sicuramente vi è il diritto ad un giusto processo, il diritto al contraddittorio e il diritto alla difesa: nessuno mi può imporre di rinunciare a rivolgermi all’Autorità Giudiziaria per tutelare questi diritti, e qualsiasi accordo che vietasse il ricorso alla giustizia per far valere la lesione di tali diritti, sarebbe un accordo nullo.

E’ appena il caso di ricordare che il Genoa aveva proposto ricorso al Tribunale non per impugnare la Sentenza della Caf, ma per denunciare la violazione dei suoi diritti ad un giusto processo e ad un corretto contraddittorio, sostenendo che nel processo sportivo non era stato messo in grado di difendersi.

A fronte di tali gravissime accuse, che coinvolgono non il merito della decisione dei giudici sportivi, ma la liceità stessa dei comportamenti dei suoi componenti, nonché l’illegittimità dell’intero processo, è chiaro che la clausola compromissoria non può avere alcuna rilevanza.

Ed infatti, è notizia di oggi, con una mossa davvero a sorpresa la procura sportiva, nell’evidente tentativo di sottrarsi a questo genere di obiezioni ha chiesto la penalizzazione di 4 punti e le squalifiche ai dirigenti, non perchè la società avrebbe fatto ricorso all’Autorità Giudiziaria, ma perchè, nel farlo, si sarebbe rivolto al Tribunale Civile, invece che al Tribunale Amministrativo.

La tesi mi pare davvero infondata: il divieto di rivolgersi all’Autorità Giudiziaria o c’è o non c’è: una volta che si ammette che non vi è divieto di rivolgersi all’Autorità Giudiziaria, diventa del tutto irrilevante su un piano giuridico a quale giudice appartenente all’Autorità Giudiziaria io mi rivolga.

In altre parola cosa importa alla FGCI se io sono andato a chiedere giustizia dal Tribunale, piuttosto che dal Tar, piuttosto che dal Giudice di Pace, perchè dovrei subire dei punti di penalità per aver, eventualmente, sbagliato Giudice ?

Tecnicamente parlando, non vi è alcuna connessione tra violazione di norma e sanzione è, cioè, come se un dirigente del Genoa fosse sanzionato per eccesso di velocità, e a causa di tale infrazione la FGCI comminasse due punti di penalizzazione al Genoa.

L’irrazionalità della tesi accusatoria è assurdamente paradossale e, a mio avviso, nasconde tanti imbarazzi e un preponderante desiderio che l‘intera questione non tracimi, senza voler, tuttavia, desistere da un atteggiamento che appare francamente persecutorio.

Ma noi ogni giorno a pasto mangiamo i paradossi e beviamo le iperboli, e se vediamo un cane giocare a poker, non ci meravigliamo affatto, chiedendoci, al più, se per caso bluffa bene oppure se quando ha gioco, si tradisce scodinzolando, e il Grifone è mitico ormai tanto per la sua storia e il suo blasone, quanto per la sua capacità di trasformare l’impossibile in routine e l’eccezione in quotidianità.

E quindi procediamo tranquillamente sulla strada dell’assurdo e dell’improbabile, sperando che al primo momento di tranquillità non ci venga un infarto.


 Cecco Angiolieri, causidico in Genova

Genoa, 24 Ottobre 2005