Oggi tutti parlano di riforma del calcio.

Per guarire una malattia occorre conoscerne le cause, non solo i sintomi.

La causa dei mali del calcio si può ridurre a una parola sola: Debiti.

Debiti di tutte le squadre piccole e medie nei confronti delle due o tre grandi, attraverso la mutualità.

Debiti di quasi tutte le squadre sostanzialmente nei confronti dello stesso gruppo bancario.

Se ti presto dei soldi, tanti soldi, è normale che poi voglia controllare quello che fai, o perché da quello che fai dipende se me li restituirai, o perché, se non me li restituirai, devo avere qualche altro vantaggio.

Le squadre grosse mantengono le piccole attraverso la mutualità. Un certo gruppo bancario tiene sostanzialmente in piedi tutto il sistema (con i soldi di chi, a proposito, sarebbe interessante saperlo)

Da questo, e non dalla disonestà del Babau Moggi di turno (che non è il padre del marciume ma, semmai, ne è il figlio) dipendono tutte le storture; arbitri controllati dalla Lega, Lega controllata dalle squadre più grosse, presidente federale riferimento e sostanziale rappresentante della banca finanziatrice.

E' qui che si deve intervenire.

I rimedi sono semplici, quasi disarmanti.

La soluzione più virtuosa è radicale: abolizione dello scopo di lucro, contrattazione collettiva dei diritti televisivi (e non diciamo che non è possibile per fantomatici principi europei, perché per la Champions League si fa così), previsione del divieto che la percentuale dei debiti superi un tot (molto piccolo) del patrimonio. Estromissione dal circuito delle squadre che non rispettano questi standard.

Questo non è possibile perché con le squadre romane come si fa ? Bene, allora, se è così, ma io non ci credo, dovremmo ammetterlo brutalmente: il calcio è un malato cronico e incurabile.

Ma anche ammesso che non si possa guarire radicalmente, qualcosa di serio si potrebbe comunque fare.

Percorrere la strada opposta, ma coerentemente e senza inciuci all'italiana: abolizione radicale della mutualità: le squadre grosse vadano per la loro strada fino all'approdo di fatto inevitabile di una campionato europeo per squadre. Almeno le squadre piccole saranno sane e il loro campionato sarà equo, aperto, incerto.

Non è poi neanche difficile immaginare meccanismi per collegare i diversi campionati in modo appetibile e, eventualmente, a richiesta, ci torneremo.

Non parliamo però, per cortesia, di pagliacciate come il salary cap (tetto dei salari). In un paese dove non si riesce a far andare i treni in orario, il Paese di Parmalat, di Azzeccagarbugli, Pinocchio e Gattopardo, chi mai sarebbe in grado di esercitare i controlli? L'Italia non manca di regole, manca chi le rispetti e le faccia rispettare.

Allo sport italiano non mancano regole, mancano gli sportivi.

L'impressione è che queste cose pochi le sappiano e che quei pochi abbiano tutto l'interesse a non divulgarle: viene il dubbio lo scopo non sia cambiare il sistema, ma solo cambiare il manovratore.

Ma la leva in mano la avete voi.

A voi scegliere se preferite essere consumatori o cittadini.

 

Genoa, 21 giugno 2006

 Principe Myskin