Un ripassino delle norme del codice di giustizia sportiva in vigore, per coloro che hanno chiesto il mio parere.

Va premesso che si tratta di un ragionamento in diritto, assumendo, teoricamente, che le frasi riportate sui giornali siano effettivamente state pronunciate dai soggetti cui sono riferite con i contenuti finora conosciuti.

Non intendiamo, insomma, attribuire responsabilità a nessuno, ma solo individuare quali sarebbero gli illeciti e le sanzioni di diritto, se quel che si legge sui giornali e in rete fosse vero.

L'articolo 6 comma 1 del Codice di Giustizia sportiva definisce l'illecito sportivo come "Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica"

Il comma 6 dello stesso articolo stabilisce che "in caso di pluralità di illeciti ovvero se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato, oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito, le sanzioni sono aggravate."

Se i contenuti delle intercettazioni pubblicate sui mezzi di comunicazione e variamente anticipati in rete fossero confermati (ad es. designazione pilotata di direttori di gara e istruzioni sul come comportarsi durante l'evento agonistico), ci sarebbe almeno una squadra, sembra di serie A e sembra di vertice, i cui dirigenti sarebbero stati colti in illecito sportivo flagrante, consumato, plurimo e aggravato. Il riferimento, che si legge su alcuni quotidiani ad alta tiratura, alla violazione dell'art. 1 del Codice Giustizia sportiva (comportamento sleale) è, innanzitutto, una evidente tesi difensiva, e, in secondo luogo, a nostro avviso goffa ed evidentemente insostenibile, se si ragiona in termini di diritto e non di forza o importanza del soggetto accusato.

Le parole riportate, naturalmente se confermate rispetto alle fonti giornalistiche, costituiscono evidentemente atti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara e a nulla importa, dal punto di vista sportivo (diverso può essere il discorso sul piano penale) che non sia eventualmente accertato il corrispettivo dei favori eventualmente ottenuti (la mancanza, per così dire, di una.... valigetta).

Escluse necessariamente, vista l'ipotesi pluriaggravata, le sanzioni attenuate della penalizzazione in classifica e tenuto conto del fatto che, sempre stando alle pubblicazioni sui giornali: a) i fatti sarebbero stati commessi nell'ambito di un contesto non episodico, b) in concorso, parrebbe, con massimi dirigenti delle strutture arbitrali, non ci vuol molto a ritenere che l'unica sanzione congrua sarebbe quella della lettera H dell'articolo 13 del Codice di Giustizia Sportiva: "esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria, con assegnazione da parte del Consiglio Federale ad uno dei campionati di categoria inferiore"

Nei confronti del Genoa c.f.c., per un fatto soggettivamente più grave, perché commesso dal rappresentante della società, ma oggettivamente e decisamente meno grave perché non reiterato, non commesso in concorso con altri organi federali, e, ad abbondanza, avvenuto nel contesto di una manifestazione di minore importanza e rispetto a una partita di minore incertezza agonistica, è stata inflitta la retrocessione di due serie.

La conclusione è una sola: la squadra i cui dirigenti fossero effettivamente stati colti nell'atto di compiere i comportamenti descritti dai giornali dovrebbe, per elementari ragioni di equità, essere retrocessa di almeno due serie.

Riflettere, osservare, e trarre le conseguenze.

 Principe Myskin

 

 

Genoa, 8 maggio 2006