Voyeurismo

Perdonateli, perchè non sanno quello che fanno.

Mi riferisco ai cugini a strisce, almeno a quelli che, da oggi, si divertono a sfottere come se questa vicenda si potesse assimilare a un derby vinto e non fosse invece una vicenda grave e estremamente deflagrante per l'intero carrozzone del calcio.

Sicuramente a parti invertite noi avremmo più rispetto: quello che è successo, per qualunque tifoso passionale, quali noi siamo, sarebbe andato ben al di là di un esito sportivo. Per loro invece, che se avessero subito tutto questo si sarebbero limitati in grande maggioranza a voltare pagina e magari a dedicarsi al golf in attesa di tempi migliori, è difficile capire che cosa tutto questo abbia rappresentato per chi di calcio vive e che di calcio si nutre. Uno sfottò e via, in fondo non è mica la morte di nessuno.

Una sorta di voyeurismo divertito.

E proprio in onore di questo paragone mi sono giunte sotto gli occhi le righe di un autore italiano emergente, nel campo del giallo noir più crudo.

 

Tratto da "Tutti i denti del mostro sono perfetti", in particolare nell'episodio "Alba tragica", di Nicolò Ammaniti. Parla di un personaggio che frequenta i parchi di Villa Borghese in cerca di coppiette da spiare.

 

"Ma che ore saranno ?! E che fresco fa."

Marcello Beretta se ne stava buttato, mezzo assiderato dal freddo, su una panchina di Villa Borghese. Continuava a guardarsi il polso sperando che per magia si materializzasse un orologio.

Era ubriaco.

Parlava da solo.

Erano le tre meno venti di notte. E la temperature era di qualche grado appena sopra lo zero.

Marcello non era più un giovanotto e tutto quel gelo che gli si infiltrava nelle ossa non gli faceva bene.

Era grasso (il diabete mellito). Con una pancia tonda e gonfia che sembrava che si fosse ingoiato un pallone da basket. In testa gli cresceva un cespo intricato di capelli bianchi e stopposi. Macchie di barba nascondevano i danni dell'acne giovanile. Sotto la narice destra gli cresceva un neo nero, bitorzoluto e peloso che se lo avesse visto un oncologo si sarebbe messo a urlare.. Il nasone, storto per una pallonata presa in faccia da ragazzino, sembrava una patata lessa. E aveva due occhi piccoli, gialli e macchiati di sangue.

Quella sera poi sfoggiava un loden lercio e con la fodera scucita, un golf a collo alto arancione, i pantaloni di una tuta da ginnastica e un paio di mocassini sformati. Ah, per finire, annodata intorno al collo, una sciarpa della Sampdoria.

Liaigh