Amar...cord

Il calvario giudiziario del Genoa? Bisogna retrodatarlo: la rovente estate del 2005 è stata figlia di quella altrettanto calda del 2002. E’ una verità inedita al grande pubblico, ma ben nota ai protagonisti di quelle vicende. Mentre il Grifone si apprestava ad affrontare la travagliata stagione che l’avrebbe portato in C – sul campo, salvo ripescaggio – a Chatillon si ponevano le basi per le future sventure. In Valle d’Aosta erano infatti in ritiro la Juventus e il Como di Enrico Preziosi, neopromosso in serie A. L’allora presidente lariano aveva promesso a Luciano Moggi – che oggi fa la vittima solo per aver ricevuto una condanna lieve e coperta da indulto nel processo Gea – di comprare Vieri. Mica Bobo: Massimiliano, il fratello minore e meno dotato. Poi Preziosi ci ripensò, e Big Luciano andò su tutte le furie. Minacciò, e cancellò il Como dal triangolare che da lì a pochi giorni si sarebbe dovuto giocare con una terza squadra ospite: le strade di Chatillon erano invase da cartelloni che pubblicizzavano l’evento, e qualcuno si prese la briga di cancellare con il pennarello il nome dei lariani da tutti i volantini. Risultato? Sarà sicuramente una coincidenza, ma a Natale il Como era già virtualmente retrocesso. Eppure, fra gli altri, in squadra aveva gente come Ferron, Padalino, Marco Rossi, Cauet, Pecchia, Fonseca, Amoruso, Benny Carbone e Caccia, mica novellini. Al tradizionale appuntamento per lo scambio di auguri in Federcalcio, Preziosi – comprensibilmente furente – si rifiutò di stringere la mano a Franco Carraro, presidente federale: fra i difetti di Carraro c’è anche quello di non dimenticare e non perdonare. Curiosamente il Como subì una serie di torti arbitrali tali che persino il pubblico lariano – non avvezzo a ergersi protagonista per episodi di cronaca – si lasciò andare a proteste tanto forti che in campo subì una lunga squalifica. La scintilla fu Como-Udinese: al terzo rigore per i friulani decretato da Saccani, un lancio di oggetti in campo portò alla sospensione della gara. Sul libro nero anche Rosetti, che a Brescia regalò nel finale un rigore alle Rondinelle per una carica di Bachini sul portiere lariano Brunner al quale l’avversario aveva persino spaccato il labbro… Missione compiuta: Como in B. Il Palazzo si era vendicato, ma non bastava. Già, perché Luciano Moggi – qualche settimana fa a Porta a Porta, parlando da vittima e giudice dei costumi altri – ha ammesso che gli arbitri che vogliono fare carriera aiutano le grandi, senza che ci sia un’organizzazione dietro. Non serve chiedere: in Italia esiste la cupidigia di servire, ha sottolineato anche quel noto sovversivo di Carlo Azeglio Ciampi. Vero, se con loro sei inflessibile, le grandi non ti vogliono, e mica diventi internazionale dirigendo al massimo Sassuolo-Cittadella. Moggi, che in tv ha potuto difendersi e attaccare praticamente senza contraddittorio, ha aggiunto un altro tassello interessante: nel 2004 è stato Franco Dal Cin fra i primi a denunciare i metodi della Gea, provocando l’apertura dell’inchiesta. Franco Dal Cin, Enrico Preziosi: come abbinamento dice niente? Esatto: Genoa-Venezia, i due protagonisti sui fronti opposti; quale migliore occasione per consumare una vendetta nei confronti di entrambi? Si sa, la vendetta è un piatto che va consumato freddo, anche se nel tempo Preziosi – che è stato uno dei più fieri avversari della Gea – ha cercato di ricucire lo strappo ed è diventato amico di Alessandro Moggi, adeguandosi a trattare con la Gea ma solo a condizione che l’affare fosse di reciproco vantaggio. Obietta Big Luciano, sempre in tv: <Lì hanno trovato i soldi, nella mia vicenda non ne sono mai stati trovati>. Corretto. Ma non è il caso di fare le verginelle: nel calcio i soldi girano, eccome. E le partite si vendono e comprano anche nei dilettanti – provare per credere – figurarsi in un mondo nel quale girano miliardi. Si scopre però solo ciò che si vuole scoprire, perché è interesse di tutti tacere: chi è senza peccato… Un esempio? Tutti sapevano che Maradona faceva uso di cocaina, ma all’antidoping non è mai stato trovato positivo. Fino a quando non è diventato troppo scomodo e ingombrante. In una parola: ingovernabile. E allora nelle sue urine mica sono stati trovati i metaboliti della coca, come al resto dell’universo dei positivi a questa sostanza. No, è stata trovata proprio cocaina. Maradona ha sempre gridato al complotto; nessuno gli ha mai creduto perché era risaputo il suo favore per la cocaina. Ma trovarla così, quasi pura… Suvvia. A proposito, chi era il direttore generale di quel Napoli? Su una cosa – occorre riconoscerlo – Moggi ha ragione: la giustizia sportiva non funziona. Ed è quanto meno inopportuno che a togliere due scudetti alla Juve, girandone uno all’Inter, sia stato un amico di Moratti – ex consigliere nerazzurro – come il commissario straordinario Guido Rossi. Per il resto, da Pappa in giù, Calciopoli ha spazzato via anche parte di quella giustizia sportiva che ha condannato il Genoa. Sostituendo però un potere con un altro: chi assume certe cariche lo fa non solo per spirito di servizio, ma anche per entrare - dalla porta di servizio - in un certo mondo, e andare avanti significa non disturbare il manovratore. Non funziona la giustizia ordinaria, vuoi che funzioni quella sportiva? Si è visto a posteriori, quello al Grifone – senza entrare nel merito delle accuse – è stato un processo farsa. Una burletta, con una sentenza già scritta. E non sempre – in ogni caso – la verità processuale corrisponde a quella effettuale. Per cui, per la mite condanna ricevuta, Moggi ha poco da cantare vittoria ed ergersi a Savonarola. Senza contare che deve essere ancora celebrato un processo, quello – appunto – su Calciopoli. Piccola postila: se dopo la sentenza di condanna nel processo Gea, solo perché è stato cambiato il capo d’imputazione e le sentenze solo state miti Cobolli Gigli ha chiesto la restituzione degli scudetti, cosa dovrebbe allora chiedere il Genoa, sbattuto in C? Certo non il ripristino della serie A, visto che l’ha riconquistata con le sue forze ed è addirittura quinto in classifica. In proporzione, allora, minimo la Champions League. Mica la qualificazione, proprio la Coppa. Ma difficilmente l’Uefa sarà d’accordo. E anche a Roma c'è chi sarebbe infastidito da un Genoa nella principale competizione nazionale a scapito magari di qualche club che gode - per motivi elettorali - di protezioni politiche.

 

Genoa, 21 Febbraio 2009

Guigneberth