Tutto è relativo

Tutto è relativo, nella vita, figuriamoci nel calcio.
In verità, in qualunque partita  non sempre è facile capire sino a quanto una tua grande prestazione è determinata da una pessima del tuo avversario, figuriamoci se la partita è all'inizio del campionato, figuriamoci se hai cambiato otto undicesimi della squadra, e figuriamoci ancora di più se la squadra è il Genoa la cui imperscrutabilità è più impenetrabile dell'escatologia zoroastrica.

Nella trasferta di Catania avevo  trovato  una squadra  francamente brutta,  ma più che altro distantissima del Genoa  dell'anno scorso: una squadra che aveva perso  il  gusto del  pressing, che giocava piuttosto compassata, senza velocità e senza determinazione, e, soprattutto senza umiltà.
Avevo attribuito la cattiva prestazione ad uno stato di forma fisica molto precaria, tenuto anche conto che, tradizionalmente, le squadre di Gasperini  riescono a ottenere risultati solo se giocano con la massima intensità e concetrazione.

La partita con il Milan, disputata dopo la provvidenziale sosta di campionato, che ci consentiva (o avrebbe dovuto consentirci) di raggiungere una più efficace stato di forma atletica, rischiarava gli orizzonti e scacciava qualsiasi sorta di riflessione che non fosse, comprensibilmente, tinteggiata in ogni sfumatura di rosa.

Credetemi, - sono certo che i miei quattro lettori mi crederanno, conoscendo il mio pessimismo cosmico, che solo un vero genoano può annoverare tra i suoi difetti più insopportabili - non è che non ci avessi pensato,  ma come facevo a dirlo, a confessarlo, prima che agli altri, anche a  me stesso  che  la partita contro il Milan non poteva fare testo, perchè il Milan era una squadra del tutto disastrata, che in quel momento le avrebbe prese anche da quel  Roccacannuccia di Scogliana memoria?

Sono sincero, non ho avuto il coraggio di espormi, per non cadere falcidiato dai proiettili del "pensiero positivo" che per noi pessimisti, che viviamo nelle eterne tenebre dei cattivi pensieri, sono come paletti di frassino impregnati di acqua benedetta infissi nel petto di un vampiro. Ma spesso accade che la verità, che come è noto è del tutto priva di stile, buon gusto e sensibiltà,  si nasconda nei luoghi più impresentabili, qualche volta nelle pieghe dei pregiudizi più gretti, altre dietro le teorie meno eleganti, e persino, ohibò, si trova nascosta tra un luogo comune e l'altro. E così oggi mi trovo a rimuginare su inenarrabili banalità. Tipo che forse la vittoria del Milan ci ha illuso tutti quanti, e la sua pessima prestazione ha fatto sì che noi sopravvalutassimo la nostra, nascondendoci i limiti di forma e di assimilazione degli schemi che a tutt'oggi abbiamo, e che il Palermo - che francamente tutto mi è sembrata, tranne che una squadra trascendentale - ha impietosamenet mostrato. O tipo che per la seconda volta dopo Catania abbiamo perso la partita, prima di tutto a centrocampo dove siamo decisamente soccombuti, o come cacchio si scrive il participio passato di soccombere, che se poi  per caso non esiste non è certo mica colpa mia... Tralascio nel continuare con queste considerazioni che sono talmente ovvie e scontate, che ce le sentiremo propinare per almeno tutta la settimana, tutti i giorni, tutte le volte.

Fedele alla mia linea disfattista, voglio solo fare un'annotazione: per tutta la settimana si sottolineerà quanto Milito è Principe, quanto è sopra agli altri suoi compagni, quanto sia ancora migliorato rispetto al "vecchio" Milito che già ricordavamo come un ottimo giocatore. Tutto assolutamente vero, sacrosantamente vero: oggi il Principe è stato due(mila) spanne sopra al migliore (rectius: meno peggio) dei suoi compagni: ma è proprio questo l'aspetto più preoccupante: o Milito nel frattempo è diventato più forte di Maradona, oppure la differenza tra lui e i suoi compagni è troppo grande per farmi stare tranquillo. Sui singoli tralascio voti e commenti, anche perchè per qualcuno preferisco  rimanere senza parole, cadere nel turpiloquio non è mai elegante...

 

Cecco Angiolieri

 

Genoa, 21 Settembre 2008