Un fiore nella Nord

di Abbadie 56 Elvis 57

   

 

Alla Nord sono stato per la prima volta agli inizi dei '50.
Intanto posso garantire che era un mito già allora. A casa conservo, incorniciata e appesa, la prima pagina della Gazzetta dello Sport, quando il Genoa, sconfisse a Marassi il grande Torino e si laureò campoione d'inverno (nel mio piccolo, almeno questo posso dire di averlo visto): ebbene, nei sottotitoli si parla in modo entusiastico del grande pubblico del Genoa.

E per tutti gli anni '50, i grandi successi del Genoa, sono stati accompagnati sui giornali nazionali, da riconoscimenti ammirati della mitica gradinata Nord.
Ma c'è un'altra cosa da sottolineare: il fatto che oggi tutte le tifoserie siano organizzate e facciano trasferte, potrebbe far pensare che sia sempre stato così. Supposizione errata: negli anni '50 eravamo gli unici a fare queste cose in quel modo così contagioso.

  dal sito http://www.genovafoto.it

Qualcuno si muoveva da Milano e da Torino, e anche i tifosi della Roma si davano da fare, ma noi eravamo l'esempio da seguire: il primo treno speciale era stato il nostro, a inizio '900, e così la prima nave "speciale", negli anni '20. I "maestri" del tifo, per tutti, eravamo noi
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Quando all'aspetto della gradinata, posso dire che non sventolava niente, nè bandiere, nè sciarpe: le sciarpe stavano al collo, sotto il bavero dei cappotti e quanto alle bandiere, se proprio devo affidarmi solo ai miei ricordi, ho presente un signore in camicia e cravatta, nel parterre, che a volte ne aveva una, su un'asta, ma non la sventolava: teneva l'asta appoggiata alla spalla e andava su e giù, dietro la porta.
Caso mai, ricordo di più dei rudimentali cartelli fatti a mano, con scritte pro Genoa o giocatori, che prima dell'inizio della partita, venivano messi in bella mostra, tenendoli ai lati con entrambe le mani.
Nelle trasferte, qualcosa di più si vedeva: quando partivano i treni speciali, dai finestrini sventolavano bandiere, sciarpe e striscioni. Ma c'era un motivo:farsi riconoscere dagli altri.
A Genova,invece,a quei tempi, nessun genoano, in città, aveva il problema di farsi riconoscere, perchè eravamo tutti genoani.
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Niente bandiere dunque (i fumogeni, poi, non sapevamo neanche cosa fossero), ma in compenso un tifo che davvero non aveva eguali (detto dagli altri, non da noi), e che non ho mai più sentito.
I genoani di quei tempi tifavano tutti. E questa è un'altra diversità, rispetto ai giorni nostri.
Anzi una doppia diversità: sia perchè a tifare era tutto lo stadio e non solo la Nord come adesso, sia perchè a tifare erano gli adulti e gli anziani, a differenza di adesso, che invece sono soprattutto i giovani. Ricordo un vecchietto con un campanaccio, che era sempre il primo a dare la carica. La gente intorno diceva: "un giorno o l'altro ci resta" e invece è stato proprio quel modo di essere, forse, a farlo vivere fino a tarda età.
C'è poi un terzo motivo, a rendere irripetibile il tiìfo di quegli anni: che lo stadio, nelle partite di cartello, era pieno di 55.000 spettatori e cioè quasi 20.000 più di adesso.
E 20.000 in più, fanno una bella differenza!
Quando in quegli anni nel magnifico "catino" del Ferraris veniva scandito il terribile (per i malcapitati ospiti) bisillabe: "Ge-nua! Ge-nua!", che tagliava letteralmente le gambe ai giocatori avversari, si sentivano le strutture dello stadio vibrare per l'immane forza di quella potenza sonora.
Ero bambino quando, nel primo dopoguerra -tempi innocenti, di gite domenicali coi genitori al Righi e dintorni- il boato del Ferraris arrivava netto, fin su dai forti!
La gente allora diceva: "Il Genoa ha segnato!"
E, per me, che non avevo mai visto il Genoa e non sapevo neanche le regole del gioco del calcio, era una domenica felice.
Non sapevo il perchè, ma ero felice (e forse questa è la vera felicità)
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Nessun rimpianto, comunque. Oggi vivo benissimo il presente, senza problemi: ogni epoca ha i suoi modi di essere.
E capisco come per i giovani d'oggi l'odore dei fumogeni possa rappresentare quello che per me è stato lo stridio delle raganelle o il battito dei campanacci.
Però, non possiamo pensare che il mondo sia nato con noi (ci sono già quelli fuori porta che credono che il calcio sia nato nel '46).
Una bella frase, semplice e alla portata di tutti dice: "nessuno nasce orfano". Non c'è bisogno di spiegarla
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Quanto a lasciare la Nord, ci andrò, credo, non dico finchè potrò vedere, ma finchè potrò stare in piedi.
E se un giorno gli occhi mi tradiranno, pazienza, mi basterà sentire il boato come quando ero piccolo, su al Righi.
Del resto lo sappiamo: la vita è un girare intorno a una muraglia con in cima cocci di bottiglia. Tutto passa, ma prima o poi tutto torna.
Con gli amici del parterre della Rametta, abbiamo fatto un patto: mano a mano che ce ne andremo, i superstiti, alla domenica metteranno un fiore nel posto che abbiamo occupato per una vita.
Siamo genoani appassionati, a volte anche un po' sarveghi e fanatici, ma volendo sappiamo esprimere anche dei sentimenti. Volendo.

 

(da Il Muro dei Grifoni - www.grifoni.net 8 ottobre 2004)