Buona la prima
..Alle dieci del
mattina la città é vuota e il rumore del silenzio é assordante. Gli indigeni
forse sono andati via, al mare, forse dormono ancora, forse hanno disertato il
centro, che é privo persino dei soliti turisti.
Oggi come non
mai, per noi Genoani venire qui a Ravenna non vuol dire seguire una
partita , ma significa una volta di più celebrare un rito, riconoscersi in una
dimensione che trascende il tifo, richiamando profondissime radici e indelebili
ricordi che si srotolano nel tempo attraverso generazioni.
Certo forse
tutto questo é stupefacente per chi non ha capito cos'é il Genoa, e per chi
pensa che definirlo una modalità dell'esistenza sia un esercizio di retorica.
A
mezzogiorno le
strade d'improvviso si riempono di echi di voci familiari, cadenze ben
conosciute che riconosco con un compiaciuto sorriso, sopratutto leggendo nei
volti dei locali uno sbigottimento che sta esattamente tra lo stupore,
l'ammirazione e lo scandalo: glielo leggi in faccia "come é mai possibile
per una partita?"
Ma é ben evidente
che non é una partita, é una voce, é un popolo che si aggrappa a un sogno, ad un'utopia,
che come tutte le utopie ha in sé qualcosa di un pò misterioso.
Tra poco sarò
allo stadio e so già che la mia gola sarà stretta in un nodo e le bandiere
rossoblù mi appariranno un pò velate.
La partita,
per i
piú curiosi, ha mostrato un primo tempo nel quale il Genoa sembra aver
conquistato l'obiettivo in assoluto più difficile e importante: la mentalità
giusta, l'umiltà dovuta.
La squadra ha
corso, ha picchiato, si é dannata, senza nessun complesso senza ricordarsi
il blasonato nome e distintivo.
Nel secondo
tempo il Grifo sembra aver preso bene le misure al Ravenna e allora se si
riesce a rimanere umili e concentrati si consente alla classe di fare la
differenza
Se questa non é
solo un impressione, e non si compiono letali voli pindarici allora forse siamo
sulla strada giusta.
Cecco Angiolieri